Friday 19th April 2024,
Pinguinoeconomico

GERMANIA – L’ULTIMO BALUARDO EUROPEO E’ IN DIFFICOLTA’

La meritata vittoria ai campionati del mondo di calcio in Brasile rimane ormai un ricordo sbiadito e la “panzer divisionen” teutonica incomincia ad evidenziare forti segnali di rallentamento. Il surplus commerciale tedesco, che ha salvato il Paese dalla lunga recessione europea post Lehman Brothers, non sembra più sufficiente ad assicurare la crescita dell’economia tedesca e, ancor più preoccupante, a fare da volano alla ripresa europea, che appare, sempre più, inconsistente.

I dati macroeconomici usciti da Berlino , nello scorso mese di ottobre, sono emblematici di un cambio di rotta, alquanto imprevisto. La produzione industriale è in calo, così come anche le esportazioni dopo anni di crescita inarrestabile. Anche la crescita dei salari è stagnante, mentre il tasso di inflazione è in continuo calo e potrebbe presto scendere in deflazione, come già si registra in otto Paesi nella UE. Questo insieme di dati negativi, che contemplano un deterioramento improvviso della crescita da agosto in avanti, inducono a pensare che la Germania potrebbe ricadere in recessione, già dal terzo trimestre del corrente anno.

Ciò potrebbe modificare alcune dinamiche nell’euro zona, e, sicuramente, non in meglio. Finora, l’euro si è rivelato una catastrofe per il sud Europa, mentre ha funzionato bene quasi esclusivamente per l’economia tedesca, la quale non ha più subito le svalutazioni dei Paesi mediterranei. Il risultato è che la Germania è la più forte economia del vecchio continente, ma non solo per propri meriti, e ha fatto di tutto per evitare l’implosione dell’euro.

Tuttavia, una volta colpita dalla svalutazione della divisa, come per gli altri Paesi, ciò cambierà drasticamente. Con una Germania indebolita, l’euro sembrerà inoltre molto più fragile, rispetto a quanto lo sia stato negli anni precedenti.

I segnali del rallentamento economico tedesco sono ormai evidenti e non si possono più nascondere. La fase di indebolimento è in essere già da maggio, con la produzione industriale in calo del -1,8% sul mese precedente e le spese nel settore delle costruzioni, anch’esse in discesa del -4,9%.

Parlo di maggio, perché è il primo mese nel quale la Germania ha incominciato a risentire pesantemente dell’imposizione delle sanzioni economiche verso la Russia, che hanno danneggiato l’interscambio commerciale con l’economia sovietica. Sia l’import che l’export hanno incominciato a calare, già da maggio, (-3,4% e -1,1% i cali mensili). Il Paese continua a registrare consistenti surplus commerciali, ma la notizia non è più così positiva, visto che le importazioni si contraggono più velocemente, rispetto alle esportazioni.

Altri indicatori non sono altrettanto favorevoli. L’inflazione sta scendendo velocemente, anche se non collassando come in altre nazioni del continente, fermandosi, a settembre, ad un +0,8%, livello superiore alla media europea (+0,3%), ma ben al di sotto dell’auspicato target della BCE al +2%.

Molti economisti, ancora lo scorso maggio, avevano previsto tassi di crescita dell’economia tedesca intorno al +2% per il corrente anno. Ora, dopo il secondo trimestre negativo, con la probabile replica nel terzo, e le indicazioni poco incoraggianti giunte dai dati del mese di ottobre, la crescita rimarrà positiva, solo grazie all’andamento super del primo trimestre, ma inferiore complessivamente al punto percentuale. Ricordo che nessuno aveva previsto una crescita negativa nel secondo trimestre, la quale, associata ad una sempre più probabile replica anche nel terzo, porterebbe il Paese in recessione tecnica.

Anche il mercato obbligazionario domestico ha sospettato in anticipo la nuova crisi tedesca, portando il rendimento del bund tedesco – il titolo governativo decennale – ad un indecente 0,84%. E’ vero che i rendimenti scendono anche per la crisi internazionale, il cosiddetto “flight to quality”, alla quale però si aggiunge la preoccupazione per la specifica economia che emette il titolo di debito. Normalmente, infatti, i tassi di interesse tengono a salire quando le economie crescono e viceversa a scendere, quando si teme sia la recessione che la deflazione.

Dopo anni di crescita senza fine, anche l’export tedesco sta rallentando. Tuttavia, il responsabile non è solo la Russia. La Germania esporta, infatti, il 69% delle proprie merci nel resto dell’Europa. La Francia, da sola, contribuisce per il 9,2% del totale, mentre la tanto decantata Asia, per quanto in continua crescita, non supera il 16%. E’ purtroppo evidente che il mercato europeo sia in pessime condizioni e che i suoi deficit siano stati compensati, per anni, dai mercati emergenti (Russia, Brasile e Cina, in particolare), ora anch’essi in deciso affanno.

Il 40% del Pil tedesco è generato dall’export. Ma non è solo la crisi transalpina a minacciare l’imperialismo teutonico in Europa. Anche le esportazioni verso Finlandia ed Olanda arretrano, mentre crescono solo quelle verso la Gran Bretagna. Ma la passione degli inglesi per le auto tedesche non sarà sufficiente a ribaltare questo inizio di inversione di trend.

Tutto finora è stato favorevole alla Germania e la moneta unica ha contributo a consolidare questa leadership a danno dei Paesi costretti, anche dalla stessa Germania, a pesanti manovre di austerità.

Fino a quando il Paese crescerà, l’euro continuerà a creare grandi vantaggi per l’economia teutonica. Diversamente, si apriranno altri scenari. La moneta unica può sopportare l’implosione di economie come quella greca e portoghese, come ha già dimostrato, ma non la crisi della sua principale contribuente e sostenitrice.

La fronda domestica sta inoltre già crescendo: il neo partito anti-euro ha mancato per un soffio (4,9%) la soglia di sbarramento per entrare nel Bundestag nel settembre 2013, ma ha già ampiamente superato il quorum, attestandosi intorno al 10%, in tre elezioni per il rinnovo dei parlamenti regionali (Lander), avvenute dopo la scorsa estate.

Se infatti i dati macroeconomici di maggio sono stati preoccupanti, quelli di settembre erano ben peggiori con gli ordini dell’industria, produzione industriale ed export che registravano il peggior mese degli ultimi cinque anni.

Non mi sorprende, infine, che, a parte un pugno di analisti, nessuno avesse previsto un simile tracollo dell’economia tedesca, solo alcuni mesi fa. Anche i più pessimisti avevano azzardato una crescita negativa solo dal quarto trimestre, mentre ci siamo già arrivati con due trimestri d’anticipo.

Non concordo, inoltre, con la tesi generale che afferma che la Germania è sostanzialmente in salute e che la crescita è solo temporaneamente rallentata, a causa della crisi ucraino/russa. Si tratta solo di capire se è la Germania che riporta l’Europa in recessione o viceversa, anche se, cambiando l’ordine dei fattori il risultato, malauguratamente, non cambia.

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