Saturday 20th April 2024,
Pinguinoeconomico

IL FALLIMENTO DELLA ABENOMICS – SECONDA PARTE

Ci siamo..! A sorpresa l’economia giapponese decresce del -1,6% nel terzo trimestre, contro una aspettativa di crescita del +2,2%. Il risultato porta il Paese in recessione tecnica, dopo il tonfo del -7,3% nel trimestre precedente.

Il primo ministro si è dimesso ed ha indetto nuove elezioni per la metà di dicembre. Contemporaneamente, ha cancellato il nuovo aumento del’IVA dall’8 al 10%, previsto ad ottobre 2015, dopo le conseguenze nefaste del precedente rialzo (dal 5 all’8% l’aprile scorso), il primo dal 1997.

Tutto questo dopo che la Banca Centrale aveva allargato la propria potenza di fuoco, aumentando l’acquisto di titoli, obbligazionari ed azionari, sul mercato domestico dai 60-70 trilioni di yen mensili fino ad 80. Ormai il “money printing” è l’unica soluzione adottata per prendere tempo, ma in realtà nasconde la necessita della Bank of Japan di nascondersi come principale acquirente di un debito pubblico gigantesco ed ormai fuori controllo.

Con questa mossa elettorale, il primo ministro cerca di distrarre l’attenzione dall’assenza di ripresa economica e, grazie all’inconsistenza dell’opposizione, tenta di ottenere un nuovo mandato plebiscitario. Ma il suo indice di gradimento è in caduta libera: dal 53% al 44% nell’ultimo mese e difficilmente vincerà con un mandato più ampio di quello ottenuto precedentemente due anni fa. Di conseguenza, che cosa potrebbe cambiare con la Abenomics-bis, rispetto al precedente governo, le cui principali riforme annunciate sono state già insabbiate o rimandate “sine-die”?

Nel corso del biennio di governo, Abe ha dimostrato di disinteressarsi della volontà popolare, cavalcando temi molto più nazionalistici, ma anche molto impopolari, quali la riapertura di diverse centrali dopo il disastro di Fukushima ed il ritorno del Paese tra le principali forze militari mondiali, con il dispiegamento di truppe all’estero, decisione molto contestata perché mai applicata dal nuovo Giappone pacifista, dalla sconfitta nella seconda guerra mondiale. Egli sembra molto motivato a perseguire la sua politica monetaria ultra espansiva, con la collaborazione del Governatore della BOJ Kuroda, al di là del mandato di combattere la deflazione e migliorare lo standard di vita del cittadino nipponico. Dopo gli incoraggiamenti ricevuti nel primo anno da brillanti economisti e colleghi politici, i risultati sono molto deludenti ed Abe si è incaponito, come la Fed e le altre banche centrali, nel perseguire una politica del “o la va o la spacca” per uscire da questa situazione di debito, decrescita e deflazione.

Ma ora lo scenario sembra molto diverso con lo yen in caduta libera. Rispetto solo allo scorso agosto, la divisa nipponica è crollata da 105 a 117 contro il dollaro americano, ai minimi degli ultimi 7 anni. Ora si aprono prospettive impreviste, con target anche fino a 140. Il vantaggio per le imprese nipponiche esportatrici è tuttavia alquanto limitato. Le grandi aziende hanno tutte produzioni offshore e quindi l’indebolimento della divisa è ininfluente, visto che producono in altri Paesi. Al contrario, le importazioni diventano più care e fanno aumentare i prezzi domestici, spingendo l’inflazione verso l’alto. Tra l’incremento dell’IVA e la salita dei prezzi, il consumatore medio giapponese si è visto ridurre il proprio potere di acquisto, a parità di salari rimasti purtroppo invariati, malgrado la richiesta del Governo alle aziende di alzarli.

Inoltre, la guerra valutaria espone sempre di più Cina e Corea, nel continente asiatico, e Stati Uniti ad una ormai evidente – anche se non dichiarata – guerra valutaria, il cui esito finale è deleterio per tutti gli attori e deflazionistico per coloro, ossia le altre nazioni, che vi assistono.

Manca  tuttavia una gran parte delle riforme urlate, ma mai applicate: riduzione delle barriere commerciali, diminuzione dei vincoli nel mercato del lavoro, maggiore innovazione che il Paese ha perso, almeno dall’inizio millennio, ed una politica di maggior attenzione verso le donne che partoriscono sempre meno figli.

IL BINARIO MORTO

Il castello di carta creato dal duo Abe-Kuroda, è ormai al capolinea. La Banca Centrale è costretta ad acquistare sempre più debito, in mancanza di sufficienti acquirenti dell’enorme debito pubblico della terza economia mondiale. E’ evidente che questo giochino non potrà durare all’infinito e le conseguenze, per quanto non stimabili, saranno comunque nefaste. Pochi, per non dire una manciata di persone, ipotizzano il default del Giappone. Ma non si tratta di fanta-economia, ma di una previsione assai probabile. Ed in tutto questo nessuna agenzia di rating ha ancora pensato di ridurre il giudizio sul debito nipponico, mentre la Borsa sale al nuovo record da 7 anni, invece di preoccuparsi dei pessimi fondamentali economici.

Anche le condizioni del bilancio statale continuano a deteriorarsi a causa dell’invecchiamento della popolazione. Rinviare l’aumento dell’IVA è solo spostare in avanti il problema, come già realizzato negli anni precedenti.

Che cosa dovrebbe essere fatto?

Per prima cosa il governo ed il settore privato dovrebbe ammettere la gravità della situazione economica, trovare e discutere, quali misure adottare. Utilizzare solo la leva monetaria, in misura non ortodossa e ripetitiva, è un gigantesco boomerang.

Il fatto che Abe si sia dimesso, al di là dei giochini elettorali, è una evidente conferma che la fiducia degli investitori nel risanamento del Paese potrebbe velocemente erodersi, qualora la mancanza di rigore fiscale e il “quantitative easing” dovessero proseguire all’infinito.

Anche con un costo del rifinanziamento vicino allo zero, il debito continua a lievitare a causa di un deficit elevatissimo, a livello di un Paese emergente. Nello specifico tra il 2010 ed il 2013, si è attestato tra l’8 ed il 9%, mentre solo quest’anno dovrebbe scendere ancora ad un inaccettabile 7,5%.

Conclusione

Il tentativo massiccio di reflazionare l’economia, stimolando la ripresa e facendo ripartire l’inflazione, non ha riscosso esito positivo. Abe ha dunque bluffato, e ora rilancia (elezioni), ma la partita a poker ha già un perdente: il Giappone con tutto l’effetto domino che il crollo di una simile economia avrà sulla stabilità finanziaria, già precaria, mondiale.

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