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AUSTRIA: UN FINTO PARADISO

Pinguinoeconomico 3 Dicembre 2013 Mondo Nessun commento su AUSTRIA: UN FINTO PARADISO

Nell’ultimo dato sulla disoccupazione europea di ottobre, l’Austria è dipinta come il paradiso per i disoccupati in cerca di lavoro con la migliore performance europea ed un tasso del 4,8% da far impallidire anche i rivali tedeschi molto distanti al 6,9% per non parlare di Spagna e Grecia che raggiungono livelli inaccettabili ed ormai cronici rispettivamente al 26,7% e al 27,3%.

Anche nel piccolo Paese alpino ci sono diversi problemi con la disoccupazione che sta crescendo sensibilmente mentre rimane latente sia l’instabilità politica che la crisi bancaria per il coinvolgimento verso le economie dell’est Europa.

Il tasso di disoccupazione è salito rispetto al 4,1% dell’ottobre 2011 e al 4,3% del 2012 e dimostra che la crisi si sta affacciando anche nella enclave austriaca anche se i dati pubblicati non sono attendibili come vedremo e sono purtroppo peggiori ed in continuo deterioramento.

L’incremento più sensibile è avvenuto negli ultimi sei mesi. A luglio il numero dei disoccupati è salito a 256.494 secondo l’ufficio nazionale dell’impiego austriaco (AMS). Altri 63.843, il 12% in più rispetto allo scorso anno, sono stati assegnati a frequentare corsi di riqualificazione portando il totale a 320.337

In Settembre i disoccupati sono saliti a 261.259 con tutti i principali settori pesantemente colpiti rispetto all’anno precedente: costruzioni (+20.6%), commercio al dettaglio (+ 16.3%), sanità e servizi sociali (+ 16.2%), industria (+ 15.2%) e perfino il turismo (+ 14.7%).

“La ragione della crescita del tasso di disoccupazione è dovuta alla crisi internazionale” ripete banalmente Johannes Kopf, capo dell’ AMS. “Il basso livello di crescita, pari al + 0,3%, non è sufficiente per ridurre la disoccupazione tenendo in considerazione anche I nuovi arrivi sul mercato del lavoro”

Tutto lapalissiano tranne I conti sul tasso reale di disoccupazione che non tornano. Anche ad ottobre infatti il trend negativo prosegue con il numero dei disoccupati che raggiunge i 280.336, un +12,2% rispetto allo scorso anno. Il tasso di disoccupazione reale cresce del +0,7% e rifatti i conti si porta al 7,4% e non al 4,8% dichiarato da Eurostat. Ma anche il 7,4% è considerato prudenziale perché non calcola alcuni aggiustamenti statistici ed un sistema di pensionamenti anticipati che cancella i lavoratori dalla forza lavoro iscrivendoli tra i disoccupati e successivamente quando vanno in pensione li elimina dalle liste facendo scendere artificialmente la percentuale dei senza lavoro.

Le offerte di lavoro (Job openings) sono calate del 10.4%: le persone più colpite sono quelle meno qualificate. Il 46% tra coloro che cercano un impiego hanno solo il minimo livello di istruzione.

Il processo di deterioramento non sembra però arrestarsi. Il 20 novembre scorso quando un giornale online ha intervistato Kopf c’erano 14.200 nuovi disoccupati rispetto ad ottobre portando il nuovo totale  a 294,500 un incremento del +12.3% rispetto allo stesso giorno dello stesso anno. Ad essi vanno aggiunti gli 82.010 (+ 10,4%) lavoratori in attività di riqualificazione ed il totale decolla a 376.510 (solo a luglio erano 320.337..) con solo 28.000 offerte di lavoro con un rapporto di 13 lavoratori per ogni proposta.

Kopf ha tranquillamente affermato nella stessa intervista che a fine gennaio 2014 il totale dei senza lavoro raggiungerà le 450k unità e ad inizio 2015 supererà il mezzo milione, un livello impensabile per un Paese di soli 8,5 milioni di abitanti.

Nel momento in cui Bruxelles (EU) e Francoforte (BCE) sbandierano la fine della crisi europea possiamo quindi aggiungere anche l’Austria alla lista degli zoppi. Il Paese sembrava indenne alla tempesta economica dell’ultimo quinquennio ma i nodi stanno venendo al pettine e tutti insieme.

Ma l’economia austriaca è molto dipendente dalle esportazioni ed in particolare verso la Germania e l’export non si può incrementare con manovre domestiche o senza poter svalutare la moneta.

Gli austriaci sono molto pessimisti sul mercato del lavoro. In un recente sondaggio il 35% ritiene che qualcuno nel proprio nucleo familiare possa perdere il lavoro nel 2014 e la percentuale è più elevata tra i lavoratori che hanno un titolo di studio meno elevato. Solo il 57% degli intervistati ritiene di avere un impiego sicuro in un Paese dove il posto di lavoro è garantito da leggi molto rigide a tutela del lavoratore.

Il problema è che ci sono stati diversi importanti  fallimenti aziendali che hanno licenziato diverse migliaia di lavoratori. Questo fa la differenza rispetto alla crisi del 2009 quando la disoccupazione aumentò lentamente e molti posti di lavoro furono conservati riducendo le ore di lavoro. Oggi questa politica sembra inattuabile perché molti lavorano già part-time e le aziende vanno in difficoltà per la persistenza della crisi economica che al quinto anno diventa insostenibile.

La bancarotta di Alpine Bau, il secondo costruttore edile del Paese, è stata la più grande della storia austriaca. La ristrutturazione in corso prevede il taglio di un terzo dei 6,500 impiegati.

La catena farmaceutica Dayli (un inversione  del nome inglese “daily”), che era stata comprata nel 2012 da un fondo di private equity per essere ristrutturata, è finita in una pesante bancarotta quest’anno ed i 2.200 occupati che erano sopravvissuti dal precedente salvataggio perderanno tutti il posto di lavoro.

La catena di elettronica Niedermeyer, con 98 negozi in Austria e 580 impiegati, è anch’essa saltata. Chiuderà 45 negozi cacciando metà della forza lavoro.

Passando all’industria però il tono non cambia. Lenzing Gruppe, una multinazionale che produce fibre di cellulosa,ha annunciato lo scorso novembre risultati in calo con fatturato a -7,7% sull’anno precedente e ha abbassato le previsioni per il quarto trimestre. Conseguenza: maxi-riorganizzazione con il taglio del 15% della forza lavoro in Austria.

Per anni la soluzione tampone è stata quella di indirizzare i giovani verso il settore sanitario e dei servizi sociali che sembrava offrire opportunità illimitate. Ma come abbiamo visto anche questo settore è saturo e la disoccupazione è cresciuta ad ottobre del +16,4% rispetto allo scorso anno.

I lavoratori con basso livello di istruzione sono tra coloro che hanno sofferto tempi molto duri: dal 1990 al 2012 il loro tasso di disoccupazione è raddoppiato al 20%. La competizione sui lavori meno qualificati è spietata da quando l’Austria ha aperto il proprio mercato del lavoro verso i Paesi ex-comunisti ed  i salari medi sono calati di oltre il 20%.

L’economia sta ancora creando posti di lavoro ma inferiori al’incremento della popolazione e i due terzi dei nuovi impieghi sono part-time o mal retribuiti, un déjà vu ormai comune a tutte le economie sviluppate che non consente però una ripresa economica stabile. Tuttavia ad ottobre il numeri di persone che non lavorano (disoccupati, pensionati e persone che hanno smesso di cercare lavoro) ha superato i 3,508 milioni un livello mai raggiunto in Austria.

Passiamo ora al settore bancario altra nota dolente che ha raggiunto dimensioni considerevoli rispetto agli “assets” del Paese. Stiamo parlando di una esposizione pari ad oltre il 300% del Pil e concentrata in gran parte nei Paesi dell’Est verso i quali l’esposizione superava i 150mld a fine 2012, il 50% del Pil. Un terzo di questi (50mld) sono stati erogati nella Repubblica Ceca, seguita da Romania (30mld), Slovacchia (25mld) e Ungheria (20mld), ma anche in Ucraina, Bosnia, fino all’Azerbajian ed al Kazakistan. Una ventina di Paesi tra ex Blocco Urss e penisola balcanica.

Il Governo ha cercato di ridurre l’esposizione ed è intervenuto nazionalizzando due banche nella top ten nazionale spendendo una ventina di miliardi tra rafforzamento patrimoniale e garanzie fornite.

Anche l’indebitamento privato è in crescita e si avvicina al 100% del reddito disponibile accompagnato da una crescita dei valori immobiliari anche qui eccessivi ed in particolare a Vienna.

Un contesto finanziario abbastanza problematico ma non drammatico come quello dei Paesi mediterranei che è per ora bilanciato da un quadro macroeconomico ancora incoraggiante con deficit sotto al 3% e debito pubblico inferiore al 75% del PIL.

Infine la situazione politica appare più confusa dopo le elezioni dello scorso settembre che vede confermata, anche se indebolita, la maggioranza di “Grosse Koalition” tra socialisti e conservatori, dove pero’ i socialdemocratici toccano il minimo dal 1945 al 27,1% rispetto al 29,3% del 2008. I loro alleati di governo, i conservatori del Partito Popolare arretrano al 23,8% dal 26% del 2008.

La coalizione tra socialisti e conservatori perde 9 seggi, fermandosi a quota 99 seggi (53 + 46) su 183 totali del Parlamento di Vienna, sufficienti a proseguire l’alleanza di governo anche se con un margine risicato.

Un exploit elettorale inatteso dai sondaggi austriaci lo ha conseguito l’estrema destra del Partito della Liberta’, classificato al terzo posto con il 21,4% dei voti, ma ancora lontano dal record dell’esordio del fondatore Jorg Haider che raccolse il 27% alle elezioni del 1999.

Rallegrarsi per le disgrazie altrui non giova  a nessuno, anzi sapere che anche l’asse centro europea rischia di perdere un altro pezzo dopo la Francia, già in evidente crisi, non è confortante. La Germania da sola non ce la farà a trascinare l’Europa fuori dalle secche ed è più probabile che venga invece assorbita nella mediocrità di queste sabbie mobili.

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