Tuesday 19th March 2024,
Pinguinoeconomico

IRLANDA – L’ILLUSIONE DELLA TIGRE CELTICA

C’è un’eccezione nel desolante panorama europeo offerto dall’indice Pmi sul settore manifatturiero. E’ l’Irlanda, dove l’indicatore dello stato di salute dell’industria ha registrato in agosto un valore di 57,3, in aumento dal 55,4 di luglio, ben al di sopra di quella soglia di 50 considerata lo spartiacque tra espansione e contrazione dell’attività. Per il Paese, uscito a dicembre da un piano di salvataggio internazionale da 67,5 miliardi di euro, è il quindicesimo rialzo mensile consecutivo, che porta l’indice a livelli non registrati dal 1999.

Da qualche tempo Dublino, dopo gli anni di prostrazione seguiti allo scoppio della bolla immobiliare – la crisi che fece collassare il sistema bancario e costrinse l’Irlanda a chiedere aiuto alla comunità internazionale -, sforna dati che inducono all’ottimismo. La disoccupazione è calata per otto trimestri consecutivi e si è attestata nei primi tre mesi del 2014 al 12% (nel febbraio 2012 aveva raggiunto il 15%); le esportazioni – tradizionale traino dell’economia celtica – hanno ripreso fiato, soprattutto grazie alle buone performance economiche registrate da due tradizionali mercati di sbocco, quello nordamericano e quello britannico. Anche i consumi mandano segnali incoraggianti, come confermano le vendite di auto, che nei primi sette mesi dell’anno hanno già raggiunto il livello dell’intero 2013.

Qualcuno potrebbe affermare che è tornata la Tigre celtica, ma occorre cautela. Innanzi tutto quella irlandese è un’economia piccola, soggetta a brusche oscillazioni e ancora molto dipendente dall’export (quindi anche dall’andamento economico dei partner), con il grado di volatilità che ne consegue: in questo senso non è rassicurante la difficile ripresa dell’Eurozona, altro mercato fondamentale per Dublino. Anche se il Paese ha saputo ristrutturare la sua economia, dando più peso alla domanda interna e avviando una ripresa più bilanciata e meno dipendente dalle esportazioni, il processo è ancora molto lungo.

Un altro elemento da valutare è che il Pil non ha ancora toccato i livelli pre-crisi, i prezzi delle case sono più bassi del 40% rispetto ai picchi del 2007, la disoccupazione – specie quella di lungo termine – è ancora troppo elevata. Dublino, insomma, sembra quasi uscita dal tunnel.

In effetti, i dati sull’economia irlandese sono più che positivi: nel secondo trimestre del 2014 il   Pil è cresciuto del +1,5% rispetto al primo trimestre e del +7,7% rispetto al secondo trimestre 2013. Numeri in crescita che, sommati all’aumento delle esportazioni (+13% rispetto all’anno scorso) ed alla crescita dei consumi privati (+1,8%) mostrano una fotografia di un Paese che sembra risanato, tanto che il ministro delle finanze  prevede che i restanti 2 miliardi di consolidamento per i conti pubblici previsti per il 2015 saranno ricavati dall’aumento del gettito fiscale e non da ulteriori tagli.

Già lo scorso ottobre, l’Irlanda aveva annunciato l’uscita del Paese dal programma di aiuti internazionali, avvenuta poi a dicembre, di $85 miliardi concessi al Paese dalla Troika, in seguito al collasso delle prime quattro banche del Paese, travolte dal crollo del mercato immobiliare. Un aiuto oneroso, che aveva costretto l’Irlanda ad un triennio di feroce austerità. Con gli ultimi dati forniti dall’ufficio centrale di statistica irlandese, però, il governo si dice pronto ad affermare che la ripresa economica è avviata e che la Grande Recessione può essere archiviata. Dichiarazioni che sembrano comunque troppo ottimiste e premature.

Ci sono infatti ancora alcuni indicatori economici del Paese che non danno segnali confortanti di miglioramento. In particolare, la disoccupazione, ancora al 12%, e il debito pubblico, che non scende sotto il 120% del PIL. Inoltre la crescita è ancora troppo dipendente dall’export ed in particolare verso i Paesi anglosassoni (Gran Bretagna e Stati Uniti).
Andando più nel dettaglio, si nota inoltre come la crescita economica sia eccessivamente dipendente dal settore dell’export e dall’andamento dei mercati di sbocco verso i quali l’Irlanda si rivolge. Infine, il miglioramento della bilancia commerciale irlandese è stato realizzato grazie al crollo delle importazioni e non ad un incremento delle esportazioni. La stessa realtà si è registrata anche nelle economie mediterranee, ed, in misura più attenuata, in Italia.

La crescita sembra poi anche trainata da un rimbalzo nelle quotazioni immobiliari, crollate oltre il 50% rispetto ai picchi del 2008. Sembra quindi il classico “dead bounce cat”; essendo l’economia scesa in picchiata, un rimbalzo è assolutamente giustificato. Forse sorprende, in quanto Spagna e Portogallo stanno crescendo in misura più modesta, mentre Grecia ed Italia continuano invece ad arretrare.

Il governo, malgrado gli annunci propagandistici, rimane comunque molto prudente e cerca di ridurre l’onere del debito. Ha chiesto infatti di poter rimborsare anticipatamente parte del prestito ottenuto dal Fondo Monetario Internazionale, pari in totale a 22,5 miliardi, erogato ad un tasso nominale del 5%, ben superiore all’incredibile 1,8% con il quale si finanzia attualmente sui mercati internazionali. Questa misura farebbe risparmiare a Dublino circa 400ml all’anno in oneri finanziari. Noccioline, ma meglio mettere fieno in cascina, prima di una nuova tempesta sui mercati.

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