Saturday 27th April 2024,
Pinguinoeconomico

2024 – L’ANNO DELLE MATERIE PRIME

 

Prima di analizzare le prospettive dei mercati finanziari nell’anno a venire è importante fare una disamina e un bilancio su quello appena trascorso.

 

IL RALLY DEL MERCATI AZIONARI

Dai minimi dell’ottobre 2022, i mercati azionari hanno effettuato un recupero considerevole: la gran parte dei listini sono tornati a livelli dei massimi storici di inizio 2022 o hanno raggiunto massimi di periodo pluriennali.

Le motivazioni di tali rialzi sono innumerevoli e talvolta anche inspiegabili, considerando l’elevato livello dei tassi di interesse, il persistere dell’inflazione, il rallentamento economico, più marcato in Europa che negli USA, ed infine lo scoppio di un secondo conflitto “regionale” in Medio Oriente ma con implicazioni macro economiche anche a livello mondiale.

I mercati azionari, si sa, vivono di aspettative. Dimenticano velocemente il passato (inflazione) e anche il presente (guerre) e cercano invece di guardare al futuro, vedendo sempre la luce fuori dal tunnel. Per il 2024, infatti, Wall Street prevede ben sette ribassi dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve e spera, altresì, anche in nuove forme di “quantitative easing” le quali, sostenendo l’economia, in realtà aggiungono anche ulteriore liquidità.

E’ probabile di conseguenza un ulteriore allungo dei mercati azionari, americani e non solo, ma il livello di sopravvalutazione di Wall Street supera quelli precedenti, sia nel 2000 che nel 2008.

Il bilancio finale dell’anno passato registra per lo S&P500 un progresso pari al 24%, realizzato praticamente tutto da sette titoli azionari di grandi società tecnologiche (Amazon, Apple, Alphabet, Microsoft, Meta, Nvidia e Tesla) la cui complessiva capitalizzazione è cresciuta del +83% nel 2003, rispetto a quella alquanto modesta degli altri 493 titoli pari solo al +4%.

 

L’INSTABILITA’ DEL MERCATO OBBLIGAZIONARIO  

Coloro i quali si fossero astenuti dal guardare l’andamento dei rendimenti durante tutto l’intero corso del 2023 non avrebbero compreso l’elevata volatilità di questo mercato.

Il Tbond, il titolo decennale governativo, ha infatti terminato l’anno come l’aveva iniziato intorno al 3,8% di rendimento. Tuttavia, solo ad ottobre aveva raggiunto il 5%, un traguardo che sembrava pronto per essere valicato definitivamente e per portare i tassi di interesse a livelli precedentemente impronosticabili.

Nel 2024 sembra che i tassi di interesse debbano scendere in misura significativa, ma lo scenario inflattivo è ancora in agguato, a causa della scarsità delle materie prime nelle filiere produttive, ancorché il rischio di nuove crisi petrolifere/energetiche in scia ad una ulteriore recrudescenza ed espansione del conflitto medio orientale.

 

IL RUOLO DELLE MATERIE PRIME

I cicli di rialzo delle materie prime, sono lenti, lunghi e duraturi nel tempo.

Alcune di esse sono in fase di crescita sin da dopo la pandemia per il disallineamento tra domanda e offerta, elemento che rimarrà una costante anche negli anni futuri a causa del persistere della scarsità di offerta, principalmente per alcuni metalli, quali il rame e l’argento, questi ultimi molto utilizzati nella “transizione green” che viene raccomandata/imposta.

E’ probabile pertanto che la fase di ascesa post pandemica, iniziata nel 2020, abbia ulteriori accelerazioni nel nuovo anno anche in virtù dei rischi connessi alla accelerazione della crisi militare medio orientale. A tal proposito, il transito delle navi commerciali attraverso il Canale di Suez ed il Mar Rosso è già tuttora ampiamente compromesso, costringendo molti vascelli al periplo dell’Africa con un allungamento dei tempi di percorrenza del 40% e dei costi di oltre il 60%.

Infine, si accentua il rischio che un sempre più probabile coinvolgimento anche dell’Iran nel conflitto bellico possa provocare anche la chiusura dello Stretto di Hormuz e di tutte le navi che portano il petrolio dal Golfo Persico nel mondo con una inimmaginabile ripercussione sul prezzo dell’oro nero, il quale potrebbe salire a livelli preoccupanti per l’economia mondiale.

 

MINIERE E NUOVI GIACIMENTI

La penuria di materie prime è inoltre accentuata dalla mancanza di nuove scoperte di giacimenti di qualsiasi tipo, anche in virtù dello spostamento verso la “transizione green”, che necessita non solo di un aumento indiscriminato di tantissime risorse di base sempre più scarse, ma anche dalla possibilità di effettuare nuove esplorazioni in quanto considerate altamente inquinanti.

Tutto ciò aumenta il divario tra domanda e offerta, portando a nuovi rischi di rialzo dei prezzi.

 

I METALLI PREZIOSI

Malgrado il rialzo dei mercati azionari, l’elevato livello sia dei rendimenti che dell’inflazione, l’oro ha realizzato un nuovo record storico proprio sul finire dell’anno, anche nella valuta americana, dopo averli superati in tutte le altre principali divise più legate alla produzione di metalli preziosi.

Lo scenario per il metallo giallo sembra splendere anche per i prossimi anni. Incertezza economica e politica, congiuntamente ad una discesa dell’inflazione e dei tassi di interesse potrebbero portare nuovo carburante alla sua ascesa.

Discorso simile anche per l’argento, rimasto in ombra dopo il rialzo del 2020, ma ancora ampiamente sotto valutato ed uno dei pochi metalli a non aver stabilito un nuovo massimo storico nell’ultimo triennio. Finora ogni rally del metallo meno nobile è stato ampiamente represso, ma il sentimento potrebbe presto cambiare.

 

L’ANNO DELLE MATERIE PRIME – IL RAME

Il metallo ferroso continua a salire silenziosamente. L’uso industriale in innumerevoli situazioni, nonché la mancanza di nuove scoperte di giacimenti ne fanno un metallo raro, già dal 2030.

 

LE MATERIE PRIME AGRICOLE

Infine uno scorcio anche alle materie prime agricole sulle quali impattano le condizioni climatiche, siccità e inondazioni, ma ultimamente anche le situazioni politiche come la guerra in Europa Orientale, che impatta sui granai ucraini e la volontà Europea di chiudere migliaia di aziende agricole in Olanda, Germania, Italia e Francia, rischiando una crescente diminuzione, in entrambi i casi, di terreni coltivati.

I più a rischio sono nell’ordine frumento e mais, i quali potrebbero essere maggiormente esposti ad un aumento dei prezzi, mentre più stabile è la produzione di soia prodotta ad altre latitudini.

 

SINTESI

Lo scenario descritto è complesso e molto difficile da interpretare, ma la possibilità che la corsa dei prezzi di molte materie prime sia solo iniziata è reale e concreta.

 

 

 

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