Dal giorno dell’insediamento della nuova presidenza, l’accoppiata Trump &Musk sta cercando di dare un messaggio forte ai mercati finanziari mondiali: gli Stati Uniti non andranno in bancarotta.
Con l’istituzione del DOGE (Department of Government Efficiency) da parte del padrone di Tesla, la nuova amministrazione vuole contenere la spesa pubblica contribuendo alla diminuzione dei tassi di interesse.
I tassi di interesse sono scesi di 60 PUNTI BASE in 6 settimane, grazie ai tagli alla spesa pubblica che hanno superato i 55 miliardi di dollari nelle prime tre settimane di presidenza. Il risultato è incoraggiante considerando che il debito pubblico cresce di oltre un trilione di dollari in meno di cento giorni.
L’inflazione è in calo inaspettatamente nel mese di febbraio, malgrado le aspettative siano di un nuovo rialzo in virtù dell’applicazione dei dazi, mentre i tassi di interesse stanno scendendo in previsione di una minore spesa in deficit.
Il DOGE STA RIMODELLANDO L’ECONOMIA STATUNITENSE
Quanto è diventata grave la crisi del debito degli Stati Uniti?
Gli interessi netti degli Stati Uniti in percentuale delle entrate federali hanno raggiunto a gennaio l’incredibile percentuale del 18,7%, la più alta dagli anni Novanta. A livello annuo superano i 1.200 miliardi di dollari, sei volta la cifra del 2020 per colpa dell’aumento sia del debito pubblico che dei tassi di interesse.
Si tratta di un valore inferiore di soli 20 punti base rispetto al massimo storico del 18,9% registrato nel 1992. Questa percentuale è raddoppiata in soli 18 mesi, a causa sempre dell’impennata dei costi degli interessi.
La spesa per interessi ha raggiunto la cifra record di 1.200 miliardi di dollari negli ultimi 12 mesi ed è la seconda spesa pubblica per importanza dopo la previdenza sociale.
Si stima che i costi netti degli interessi in percentuale delle entrate federali raggiungeranno il 34% entro il 2054, ipotizzando che in questo periodo non si verifichi alcuna recessione.
Trump ha dato pieno mandato a Musk di rendere efficiente la macchina produttiva statale cancellando tutte le spese improduttive e gli sprechi con tagli trasversali senza precedenti che coinvolgeranno anche FBI, CIA e Ministero della Difesa.
LA SFIDA di TRUMP & MUSK
Gli Stati Uniti hanno un debito pubblico che ha superato i 36 trilioni di dollari e cresce alla velocità di un trilione in meno di cento giorni di calendario con un costo medio pari al 3,2%.
La sfida di Trump è quella di abbassare velocemente questo costo del rifinanziamento oltre a trovare i finanziatori delle prossime scadenze di titoli governativi pari a 9,2 trilioni di dollari nel 2025, circa il 25% di tutto il debito, di cui il 70% entro la fine di giugno, visto che la Cina ha quasi dimezzato in dieci anni il suo portafoglio di titoli di stato americani passando da 1.300 a 750 miliardi di dollari.
I MALUMORI DI WALL STREET
Lo S&P500 è entrato da ieri in fase di correzione, vale a dire che ha ceduto oltre il dieci per cento rispetto al suo massimo storico. Il Nasdaq si è comportato ancora peggio (-13%) e rischia di andare presto in “bear market” (-20%), qualora la discesa degli indici prosegua.
I sette titoli tecnologici principali, da Nvidia a Apple, hanno tutti perso dal 19 al 25% con il picco di Tesla che cede addirittura il 50%.
I dazi, già ampiamente previsti e scontati, sono stati solo la scusa per iniziare una correzione necessaria vista le eccessive valutazioni raggiunte da queste società . Il mercato ha ceduto oltre cinque trilioni di dollari di capitalizzazione nelle ultime 16 sedute.
Il picco del mercato era infatti stato raggiunto il 16 febbraio, ben oltre l’applicazione delle prime sanzioni il 4 dello stesso mese.
La discesa si è comunque accentuata dal 6 marzo, giorno nel quale Trump ha dichiarato di non prestare attenzione al mercato azionario.
LA CONTINUA VOLATILITA’ DEI MERCATI FINANZIARI
L’indice VIX, che esprime la paura, è salito oltre quota 25 ed è destinato ancora a crescere. Nel frattempo Trump ha affermato che l’economia americana si troverà a breve in una fase di “transizione”, eufemismo diplomatico per evitare la parola recessione.
La spesa pubblica è cresciuta a dismisura negli ultimi anni dell’Amministrazione Biden con tassi di crescita visti solo in periodi bellici. In percentuale ha raggiunto infatti un terzo della crescita del Pil provocando un significativo impatto sull’innalzamento del deficit, livello sul quale il nuovo governo sta pesantemente intervenendo.