Friday 26th April 2024,
Pinguinoeconomico

MERCATI EMERGENTI – APPESI ALL’ANDAMENTO DEL DOLLARO

I mercati emergenti sono stata la migliore asset class nei primi tre trimestri dell’anno, escludendo ovviamente la follia delle criptovalute, con performance che in alcuni mercati hanno sfiorato anche il 50% di incremento e che non si vedevano dal 2009.

Tale risultato spaventa gli operatori, che temono un crollo significativo nel caso si verifichi una correzione anche in scia a qualche turbolenza economica, politica o militare.

Il principale responsabile di un simile rialzo ha un nome preciso: il dollaro.

L’imprevista svalutazione della divisa americana successiva all’elezione di Trump ha messo le ali alle valute emergenti le quali, grazie al recupero, hanno alimentato un corposo rialzo dei mercati azionari in diversi Paesi emergenti.

E’ noto, infatti, che i Paesi in via di sviluppo prediligano valute deboli, ma non eccessivamente. Le divise svalutate aiutano le aziende esportatrici, ma importano inflazione in particolare negli Stati che non producono materie prime.

Il compromesso risulta sempre assai arduo, ma è indubbio che la forza del biglietto verde nei due anni precedenti aveva messo a dura prova le economie di alcune nazioni e limitato il progresso di alcuni mercati azionari emergenti.

Raggiunto il vertice della montagna, ora il problema principale è quello di gestire, in modo ordinato, una eventuale discesa.

In questo ambito, la decisione della Fed di iniziare a ridurre il proprio attivo di bilancio, seppur gradatamente, potrebbe influenzare l’andamento dei listini di alcuni Paesi emergenti, elemento che inquieta a causa del raggiungimento di multipli così elevati.

L’incremento dell’indice MSCI Emerging Market, pari al 30% da inizio anno, ha portato le valutazioni azionarie al livello più elevato dal 2010, ma diventa anche una fonte di preoccupazione alla luce della fragilità di alcune deboli economie quali il Brasile, il Messico ed il Sud Africa compensate, invece, dalla dinamicità dei Paesi asiatici con India e Cina in testa, seguite anche dal Far East a ruota.

E’ altresì dimostrato che tali perplessità siano già state spazzate via in precedenza e che i mercati abbiano continuato a salire indisturbati.

Ogni Paese ha inoltre il suo rischio geopolitico, interno o indotto dalle economie confinanti, ma non sembra che tali preoccupazioni possano incidere sul quadro positivo generale, che sembra impermeabile ad ogni notizia negativa.

In aggiunta, diverse nazioni sono molto dipendenti dai prezzi delle materie prime (Sud Africa ed America Latina), le cui quotazioni sono tornate nei mesi scorsi ad essere molto volatili.

Queste fonti di potenziale tensione sui mercati aumentano in presenza di elevati debiti delle partite correnti, diffusa disoccupazione, bassa crescita ed ampie oscillazioni delle divise locali.

 

SINTESI

L’ottimismo nei confronti dei mercati emergenti rimane intatto, ma resta la convinzione che una correzione generalizzata li metta più a rischio, rispetto ad altre assets class, in considerazione dell’elevato livello di valutazioni raggiunte.

Crescita internazionale stabile, bassa inflazione, rivalutazione del dollaro e politica ultra accomodante delle Banche Centrali hanno alimentato quest’ultimo incredibile rally dei mercati azionari emergenti.

Ora che la Fed ha tolto il piede dall’acceleratore monetario ed ha iniziato anche a frenare gradatamente ed il dollaro ha ripreso a rafforzarsi, alcune nuvole si riaffacciano sul futuro, al momento ancora roseo, dei Paesi in via di sviluppo.

Alcuni analisti vedono ancora spazi di crescita nelle economie asiatiche ed in particolare in Malesia ed Indonesia, due economie che crescono ininterrottamente al ritmo di oltre il 5% da diversi anni, ma nel resto del pianeta identificano solo bolle e già mature per esplodere.

 

 

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