Da gennaio a settembre sia i mercati azionari che i rendimenti obbligazionari sono stati in pacifica coesistenza. Tuttavia, nelle ultime due settimane, tale percorso è diventato più accidentato. Entrambi i due viaggiatori si sono svegliati e, oltre allo stupore, quello che sta accadendo non piace probabilmente a nessuno.
UN CAMBIAMENTO IMPROVVISO
In generale, l’incremento dei tassi di interesse e l’irripidimento della curva dei tassi, vale a dire che i tassi? a lungo termine (oltre i cinque anni) sono più elevati di quelli brevi (da zero a tre anni) come è corretto che sia, non è gradito dai mercati azionari. Tuttavia, non tutti gli economisti sono dello stesso parere.
Molti sostengono, al contrario, che tassi di interesse in crescita riflettano un maggior ottimismo sul futuro andamento dell’economia, con conseguenze positive anche per i mercati azionari. Questa teoria trova riscontro nell’andamento delle quotazioni negli ultimi 30 anni ed in particolare nel periodo successivo all’ultima recessione: il quarto trimestre 2010, tutto il 2013 e gli ultimi tre mesi del 2016 sono stati periodi di ottime performance a Wall Street, pur in presenza di un contestuale rialzo dei tassi.
Solo da inizio mese, tale situazione si è modificata, evidenziando una divergenza tra rialzo dei tassi ed andamento del mercato azionario, il quale ha barcollato nella scorsa settimana a causa di una serie di fattori che si sono succeduti e che insieme hanno rischiato di danneggiare il trend rialzista di lungo periodo.
Nello specifico, l’elemento scatenante è stato il superamento di alcuni livelli di rendimento del Tbond decennale. In primis, la soglia del 2,90%, che ha però poco influenzato la marcia trionfale di Wall Street, ma che rappresentava un livello che resisteva da ben sette anni e, successivamente, quello del 3,25%. Ora, il rendimento si attesta intorno al 3,15%, ma è il movimento di rialzo, assai repentino da fine settembre, che ha dato fastidio al mercato azionario impedendo, per il momento, allo S&P500 di lanciarsi verso la soglia dei 3.000 punti dalla quale distava di non oltre due punti percentuali.
Questo movimento ha provocato degli scossoni tra i titoli “growth”, mai cosi super valutati rispetto alle categoria dei “value” negli ultimi 20 anni e la cui sotto performance negli ultimi dodici mesi non è mai stata così modesta. Ogni tentativo di riequilibrio di questo rapporto tra le due categorie di azioni comporta una discesa degli indici, che hanno beneficiato di performance stellari nella categoria dei tecnologici.
PERCHE’ SALGONO I TASSI DI INTERESSE
La recente salita dei rendimenti obbligazionari è piuttosto inusuale. In situazioni simili, i tassi di interesse salgono per compensare la crescita dell’inflazione o il surriscaldamento dell’economia, come in questo recente caso.
Inoltre, mentre l’aumento dei tassi di interesse ha anche spiegazioni benigne, quali un maggior ottimismo sulla futura produttività, ci sono anche altri elementi meno positivi che vanno analizzati.
Nello specifico:
- La minore domanda di bond Usa da parte dell’estero, che diventano meno attrattivi per la rivalutazione del dollaro e le tensioni commerciali che spingono sia la Cina che il Giappone a contenere l’acquisto di obbligazioni governative americane come misura di ritorsione verso gli Stati Uniti.
- La minor domanda interna per la continua crescita sia del debito che del deficit, il quale ha raggiunto il 4% del Pil.
- La Fed meno accomodante, che ha già ridotto il suo attivo patrimoniale di 289 miliardi di dollari dallo scorso ottobre e prosegue al ritmo di 50 miliardi mensili.
Guardando ai dati storici, gli assets più rischiosi tendono a performare bene anche in regime di tassi in crescita, sebbene preferiscano un ambiente nel quale le aspettative di inflazione siano in crescita in linea con l’ottimismo per le prospettive economiche future.
LE PREVISIONI PER FINE ANNO
Le prospettive per un rally di fine anno rimangono intatte, malgrado il quadro generale si sia un po’ offuscato. Le prospettive e la crescita economica americana rimangono robuste, pur in presenza delle incertezze per la guerra commerciale in atto con la Cina.
La ripresa degli indici potrebbe essere trainata sia dalla tenuta delle trimestrali, che da un fattore stagionale. I mercati americani tendono infatti a salire nel periodo finale dell’anno. Molto dipenderà anche dalle mosse della Fed e da come preparerà l’eventuale rialzo di metà dicembre, una mossa che sembra ora non più così scontata alla luce di qualche incertezza economica anche negli USA e delle reiterate critiche di Trump nei confronti di Powell, il chairman della Banca Centrale.
I danni che il rialzo dei tassi di interesse possono provocare ai mercati azionari non sono letali, ma devono essere digeriti e ci vorrà più tempo, man mano che i primi continueranno a salire.