Saturday 27th April 2024,
Pinguinoeconomico

GIAPPONE: LE CREPE DELLA “ABENOMICS”

La nuova religione della Abenomics, la politica economica introdotta nel dicembre 2012 dal primo ministro Shinzo Abe per rilanciare l’economia creando inflazione, aveva come principale obiettivo di svalutare lo yen per alimentare le esportazioni rendendo i prodotti nipponici più economici all’estero e di tagliare le importazioni, diventate più care internamente. L’aumento del surplus commerciale (export-import) avrebbe dovuto rilanciare l’economia e indurre le aziende ad investire in Giappone. Questa politica avrebbe dovuto salvare il Paese dal rischio di bancarotta. In realtà, come vedremo, sta accadendo esattamente l’opposto.

In aggiunta, un pesante deficit commerciale si sta accumulando non a piccoli passi e con modeste oscillazioni ed in alcune decadi, ma con ferocia intensità mese dopo mese, con un continuo incremento, senza mai rallentare. I prezzi dell’energia vengono additati come i principali responsabili, ma lo sono solo in parte. Il principale colpevole è l’industria nipponica, scarsamente competitiva all’estero.

L’Abenomics ha fatto miracoli nello svalutare lo yen. Tra dicembre 2012 e 2013, la divisa ha perso il 20% contro il dollaro, 22% contro lo Yuan cinese e 26% contro l’euro. Ciò malgrado, la bilancia dei pagamenti è sensibilmente peggiorata.

Le esportazioni sono cresciute del 15.3% in dicembre sull’anno passato di ¥6.1 trilioni di yen, secondo dati del Ministero delle Finanze. Non male, ma molto meno rispetto a quanto lo yen si è svalutato e per volumi le esportazioni sono addirittura calate!  Le importazioni sono invece salite del 24.7% a ¥7.4 trilioni. Il deficit commerciale è balzato del 101.6% a ¥1.3 trilioni. Da un dicembre all’altro è più che raddoppiato!

E’ stato il peggiore deficit commerciale nel mese di dicembre della storia. Nel dicembre 2010 il Giappone aveva ancora un surplus. Questa è la continuazione di un trend terribile; novembre è stato il peggior novembre di sempre e via così anche nei mesi precedenti.

Dicembre è stato il 18esimo mese consecutivo di deficit commerciale, la peggior striscia negativa da quando è iniziata la serie delle statistiche, peggio anche dei 14 mesi consecutivi tra il 1979-1980. Se poi non ci fossero stati i modesti mesi di surplus registrati a febbraio e giugno 2012, i mesi di deficit negativo consecutivi, sarebbero addirittura 27.

Il grafico mostra come la situazione si sia deteriorata ogni mese nel 2013, rispetto all’anno precedente e soprattutto nei confronti del 2011, prima cioè dell’introduzione della Abenomics.

Japan-Trade-Balance-2011-2013_12

Nell’anno 2010, il Giappone ha avuto un surplus commercial di ¥6.6 trilioni di yen, diventati un deficit di ¥2.4 trilioni in 2011, balzato a ¥6.8 trilioni  nel 2012 ed esploso a ¥11.47 trilioni nel 2013.

Verso gli Stati Uniti, secondo mercato, il Giappone registra un surplus di ¥591 miliardi, in crescita del 13.9%, con export ed import entrambi in salita. Le esportazioni verso gli Usa sono circa il doppio rispetto alle importazioni.

Questa è forse l’unica notizia positiva.

La Cina è infatti una storia molto più complessa. Malgrado le dispute geografiche sulla sovranità di alcuni isolotti nel pacifico, la Cina è il principale partner commerciale. Quasi un quarto delle esportazioni giapponesi finisce in Cina e circa un quarto delle importazioni arriva da Pechino.

Le esportazioni sono cresciute del 29.7% a ¥1.52 trilioni. Il sentimento nazionalista anti-giapponese ha compromesso le esportazioni a fine 2012, ma poi si sono riprese nel 2013. Le importazioni sono salite del 29.8% a ¥1.62 trilioni, totalizzando un deficit di  ¥104 miliardi. Il Giappone è sempre stato uno dei pochi Paesi ad avere un surplus commerciale con la Cina, ora non più!

Anche nei confronti dell’Europa, il Paese del Sol Levante ha sempre avuto un surplus commerciale. Le esportazioni sono cresciute del 21.1%, in misura inferiore alla svalutazione del 26% dello yen contro l’euro. Ma le importazioni sono schizzate del 32.8% facendo registrare un deficit di ¥92 miliardi.

Questo sensibile peggioramento della bilancia commerciale viene superficialmente spiegato dai media con la scusa delle aumentate importazioni di petrolio, gas e carbone a seguito della chiusura delle centrali nucleari post disastro di Fukushima. In dicembre erano salite del 36,6% rispetto al 2012. Tuttavia il Giappone non importa minerali fossili né dalla Cina né dall’Europa, Paesi con i quali ha registrato un sensibile peggioramento del disavanzo commerciale.

L’aumento delle importazioni di minerali fossili spiega solo la metà della storia. Il resto sono problemi strutturali che stanno peggiorando.

Nel 2010, l’ultimo anno precedente lo tsunami e la chiusura di quasi tutte le centrali nucleari, il Paese importava minerali fossili per ¥17.3 trilioni. Nel 2013 è arrivato a ¥27.4 trilioni, una differenza di – ¥10.1 trilioni.

Sempre nel 2010, il Giappone aveva un avanzo commerciale di ¥6.63 trilioni (l’ultimo anno di segno positivo). Al contrario, lo scorso anno il deficit ha raggiunto i ¥11.47 trilioni. I ¥18.1 trilioni di differenza non sono giustificabili dal disavanzo energetico che ammonta a – ¥10.1 trilioni. I restanti – ¥8 trilioni sono originati da carenze strutturali delle aziende nipponiche, presenti già da diversi anni, e dalla continua esternalizzazione delle produzioni con la costruzione di fabbriche sempre più vicine ai propri clienti (Cina), per approfittare del minor costo del lavoro.

La svalutazione dello yen consente alle aziende esportatrici nipponiche di aumentare i propri profitti, i quali, tuttavia, non vengono rimpatriati, per evitare che vengano dimezzati dalla continua svalutazione della divisa, fermamente sostenuta da governo e banca centrale. In questo modo, però, l’economia giapponese ha un beneficio molto modesto.

In dicembre l’importazione di prodotti manifatturieri (ferro, acciaio, tessuti tessili, etc..) è salita del  29.1%, dei macchinari (computers, etc.) del 33.3%, dei componenti elettrici (semiconduttori, centraline per telecomunicazioni) del 35.7%, dei macchinari di trasporto del 31.9% e così via. Sono i principali esempi di prodotti e settori nei quali il Giappone ha sempre avuto l‘eccellenza negli anni passati, quando era un esportatore netto. Ora questi prodotti vengono fabbricati all’estero ed importati.

Ho ritenuto interessante snocciolare molti numeri sugli incroci della bilancia commerciale giapponese dei singoli blocchi geografici (Cina, Europa Cina), per smascherare uno dei tanti punti di debolezza della tanto acclamata Abenomics. La svalutazione dello yen sta creando altri problemi ad  un Paese, già così indebitato. L’inflazione sta risalendo dopo cinque anni. L’ultimo dato di dicembre conferma una crescita del +1,6%, ancora sotto l’obiettivo del 2%. Inoltre, se scorporata dalle componenti più variabili (food & oil), scendiamo ad un modesto +0,7%. I salari reali, continuano invece a decrescere anche nel 2013. I giapponesi si ritroveranno con minori redditi e prezzi in salita e con l’IVA che salirà dal 5 all’8% dal primo aprile e finiranno per ridurre ancora i consumi.

Il deficit commerciale è ormai fuori controllo e il Fondo Monetario ha ammonito che le banche giapponesi devono ridurre il peso di titoli governativi  nei loro bilanci, che supera attualmente il 20% del Pil, uno dei livelli più elevati al mondo. Con un rapporto debito/Pil del 244% ed un debito che ha già scavalcato i 10 quadrilioni di yen (10 trilioni di dollari), l’aumento dei tassi di interesse potrebbe mettere in ginocchio il sistema finanziario. Anche con tassi così modesti il peso degli interessi sul debito rispetto alle entrate fiscali supera il 35% ed arriverà nel 2020 oltre al 50%, mantenendo questi inverosimili livelli di tassi di interesse.

In realtà il Giappone sta stampando denaro a ritmi di 60/70 miliardi di dollari al mese, una velocità superiore anche a quella della Fed, in rapporto al Pil prodotto. Una follia mascherata dietro la necessità di svalutare la divisa per rilanciare l’economia, ma che si spiega solo con la necessità di ripagare il debito, ormai fuori controllo, stampando nuova carta moneta.

Abe sta giocando una partita molto pericolosa e, guardandola attraverso i numeri esposti, sembra già perdente. Giocando con il fuoco prima o poi ci si brucia.

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