Friday 29th March 2024,
Pinguinoeconomico

MERCATI e SENTIMENT – ECCO PERCHE’ GLI INDICI NON SCENDONO

Molti osservatori, oltre ad analisti e traders, si chiedono per quali motivi i mercati azionari da diversi anni non mostrino il benché minimo sussulto, malgrado le brutte notizie abbondino non solo sul fronte economico ma anche su quello politico e sociale.

Gli indici di Borsa sembrano insensibili agli andamenti esterni ed ai cosiddetti fondamentali macro economici, nonché societari.

Che il mercato azionario sia drogato e pilotato dalla liquidità delle Banche Centrali e dai buybacks azionari è ormai un dato di fatto assodato e veritiero, ma questi non sono gli unici motivi che continuano ad indirizzare le quotazioni verso orizzonti infiniti.

 

IL SENTIMENT e LE ASPETTATIVE

Sono quelle sensazioni note ai trader ed agli investitori che vanno al di là dei fondamentali delle società quotate o del contesto macro economico o politico generale o che si sviluppano a seguito di un evento shock, nella maggior parte dei casi con un impatto negativo sulle quotazioni.

Ormai da diversi anni si sente ripetere il ritornello “This time is different”, vale a dire che questa volta è diverso e che i mercati non crolleranno pressochè mai, sostenuti dall’enorme liquidità infusa nel sistema finanziario dalle Banche Centrali.

Sicuramente non è così, ma la convinzione che lo possa essere è associata al potere ultraterreno della Federal Reserve in qualità di paracadute universale, che ha spinto gli investitori nel terreno dell’inguaribile ottimismo. In aggiunta, la speculazione ha approfittato di qualsiasi evento positivo o neutrale per trasformarlo in una occasione di rialzo continuo.

Al contrario, per quanto riguarda le aspettative, qualsiasi evento esogeno che si sia verificato negli ultimi anni ha perso l’efficacia dell’impatto significativo già nel giorno stesso in cui si è verificato o in quelli immediatamente successivi. Ad eccezione della Brexit, che ha causato una forte caduta degli indici nella seduta successiva all’inaspettato verdetto, anche l’elezione di Trump altrettanto inattesa si è tramutata in poche ore in un plebiscito per il mercato azionario americano, che da allora è cresciuta del 25% negli ultimi undici mesi.

Questa è la dimostrazione che un singolo evento, per quanto catastrofico o del tutto imprevisto non è in grado di far deragliare un trend di lungo periodo, solido e duraturo come quello iniziato nel 2009 sotto la protezione delle Banche Centrali.

Ci sono stati alcuni sbandamenti negli anni passati, ma  non sono stati in grado di far cambiare rotta alla direzione rialzista degli indici mondiali.

Tra questi il quasi default della Grecia nel 2010, la cancellazione della Tripla A sul debito sovrano statunitense l’anno successivo e la crisi dei  debiti pubblici dei Paesi europei periferici, solo per citare i più rilevanti.

Negli anni successivi, invece, né gli attentati terroristici, né il cambio di politica monetaria da ultra espansiva a neutra/restrittiva da parte della Federal Reserve, terminando con le minacce militari odierne della Corea del Nord, sono stati in grado di invertire le sorti di Wall Street e degli altri mercati mondiali, che hanno seguito il passo americano, seppur in misura un po’ meno disinvolta.

Anche oggi, il timore della secessione della Catalogna dalla Spagna viene considerato alla stregua di un problema locale e la debolezza della Borsa di Madrid coinvolge, ahimè, solo quella italiana in virtù del riflesso anche sui nostri numerosi Istituti di Credito quotati nel nostro listino.

In definitiva, solo quando girerà il “mood” passando da bullish a bearish, vale a dire da rialzista a ribassista, anche il mercato cambierà la propria direzione.

Ma ancora una volta la chiave di svolta del mercato sarà il rallentamento dell’economia reale, quando si verificherà, a causa della riduzione del personale e della diminuzione di fatturato e utili da parte delle  aziende . Tale fenomeno è già attuale in una parte dell’economia americana, ma è bilanciato dai mega profitti delle grandi aziende tecnologiche.

All’opposto, in Europa le aziende continuano a macinare profitti, seppur nella sfera delle società quotate, rischiando tuttavia di inflazionare ulteriormente l’attuale bolla, ma nulla cambierà in presenza di un “sentiment” ancora così positivo.

 

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