Thursday 18th April 2024,
Pinguinoeconomico

PETROLIO – LE PREVISIONI PER IL 2017

Prima di sfogliare la palla di cristallo delle quotazioni future del greggio, è indispensabile una premessa sulle modalità di funzionamento di una delle principali e più commercializzate materie prime del pianeta.

Il petrolio viene scambiato da due gruppi diversi di acquirenti: gli utilizzatori e gli speculatori.

I primi, che rappresentano solo il 20% del totale movimentato, lo acquistano per diverse motivazioni gestionali ed operative. Possono essere, infatti, compagnie aeree, aziende che producono energia o società di raffinazione che lo trasformano in derivati come il gasolio.

Gli speculatori, al contrario, non vedono mai il barile fisico. Lo venderanno giorni, settimane, mesi dopo,  sperando ad un prezzo migliore. Questa fetta di operatori è la prevalente e rappresenta quasi l’ottanta per cento delle contrattazioni giornaliere, nonché il vero ago della bilancia del prezzo.

Il mercato spot diventa così assai volatile, compresso tra queste due componenti di trading. Per aggirare questo rischio, gli operatori evitano di comprare petrolio ai prezzi correnti, ma diversamente trattano quello che conosciamo come “futures” – vale a dire contratti ad un prezzo predefinito e ad una data certa. Questo “modus operandi” consente di proteggersi almeno dai rischi finanziari e dalla eccessiva volatilità del mercato di questa materia prima.

In realtà, cinque fattori influenzano il prezzo del greggio:

  • • La Domanda corrente;
  • • L’offerta corrente;
  • • La Domanda futura;
  • • L’offerta futura;
  • • Il Sentimento di Mercato.

Il prezzo del petrolio WTI sta viaggiando da inizio anno tra i 52 e i 54 dollari al barile, mentre il grafico sottostante mostra, invece, la dinamica dei prezzi nel 2016 del Brent, piuttosto allineata a quella del greggio americano.

OIL - COSA FARA NEL 2017 - 1

La quotazione ha raggiunto il suo valore massimo proprio nell’ultima seduta dell’anno a $56.82 ed un punto di minimo il 20 di gennaio a $27,88. Il prezzo medio annuo nel 2016 è stato, invece, di $45,13.

Il mercato sta operando in una situazione di sovra capacità di offerta di circa 1,5 milioni di barili al giorno, rispetto alla domanda.

L’eccesso di sovra produzione è stato in parte responsabile del crollo del prezzo dai $112 del giugno 2014 ai $27 del gennaio scorso.

Da inizio 2008, la produzione di petrolio americana è praticamente raddoppiata, grazie all’utilizzo della nuova tecnica di estrazione del fracking, che diventa redditizia tra i 40 ed i 70 dollari, a seconda delle zone e delle società estrattive.

Nello stesso periodo, l’OPEC, nel tentativo di spingere i prezzi così in basso da rendere la produzione americana non più profittevole, ha rifiutato di ridurre la produzione, cosa che avrebbe incoraggiato la stabilizzazione dei prezzi o perlomeno evitato il crollo verticale.,.

Tale scenario è significativamente cambiato nel novembre 2016, quando l’OPEC ha deciso di ridurre la produzione tra i suoi membri di 1,2 milioni di barili al giorno, alla quale si sono allineati anche i Paesi non OPEC con un taglio di 600.000 barili al giorno. Questa decisione ha provocato la risalita del greggio sopra i cinquanta dollari, consolidando la tendenza al rialzo delle quotazioni dal febbraio scorso.

L’OPEC ha inoltre recentemente dichiarato che adotterà nuovi tagli anche nel corso di quest’anno, tra giugno ed agosto, una decisione che dovrebbe in teoria sostenere il trend rialzista delle quotazioni.

 

La Domanda

La richiesta di petrolio è generalmente governata dall’andamento dell’economia, dalla variazione della popolazione e dalla dimensione dei giacimenti o dalle nuove scoperte geologiche.

Nel quarto trimestre del 2016, la domanda globale è stata misurata in 97 milioni di barili giornalieri, dei quali il 56,5% consumato tra Stati Uniti, le prime cinque economie europee, Cina, India, Russia, Brasile e Giappone. Questi undici Paesi concorrono al 70% della creazione del Pil mondiale.

La domanda di energia è direttamente proporzionale all’andamento economico, mentre quella petrolifera è più elastica, in quanto legata a specifici fattori dei singoli Paesi, quali le diverse fonti di energie alternativa sviluppate ed utilizzate.

Nel corso del 2016, la domanda di petrolio è cresciuta del 1,41%, risultato al quale hanno concorso principalmente India e Cina, in virtù dell’incremento delle rispettive popolazioni.

Il trend di spostamento dei consumi dall’Europa all’Asia si confermerà anche nel corrente anno, in scia anche alle politiche di energia alternative sviluppate nel Vecchio Continente.

 

Il principale shock sul lato della domanda è rappresentato dal livello di produzione americano, che potrebbe influenzare la domanda mondiale.

Tra il 2008 ed il 2016, gli Stati Uniti hanno più che raddoppiato la propria produzione di greggio, passando da cinque milioni di barili al giorno a 12,40, mentre la domanda domestica è stabilizzata intorno ai 19,5 milioni di barili al giorno.

La differenza di 7,1 milioni di barili è pari al 7,4% della produzione globale mondiale.

Metà della produzione a stelle e strisce giunge dalle costose trivellazioni di “fracking” che richiedono un prezzo di 70 dollari al barile per essere profittevole. Più recentemente, grazie all’introduzione di nuove tecnologie, il prezzo di break-even è sceso in alcuni casi anche a $40.

Donald Trump ha promesso di ridurre le restrizioni al nuovo sistema estrattivo con l’obiettivo di rendere il settore energetico statunitense completamente indipendente.

Qualora Trump riuscisse nel suo intento, la produzione mondiale calerebbe, di conseguenza, di un sette per cento ma sicuramente non subito dal 2017.

 

OFFERTA

L’offerta di greggio è regolata da due grossi gruppi di produttori: il cartello OPEC, il più conosciuto ed importante, e quello dei Paesi che invece non vi aderiscono.

Negli anni recenti, la litigiosità all’interno dell’OPEC non ha consentito alcun accordo per tagliare la produzione. L’Arabia Saudita ha cercato, al contrario, di abbassare i prezzi per mettere in ginocchio la produzione a stelle e strisce, ma sembra che il progetto si sia solo in minima parte realizzato, trasformandosi in un boomerang per Ryad, che deve affrontare un’inaspettata crisi economica interna.

In aggiunta all’Arabia Saudita, gli altri principali membri del cartello sono l’Iraq e l’Iran. In tutto, l’OPEC genera il 36% della produzione globale.

Tra i principali acquirenti del cartello petrolifero vi sono proprio USA e Cina che devono compensare la differenza tra la domanda e la produzione domestica.

Tra i Paesi non allineati, il più importante è sicuramente la Russia, che registra la seconda produzione al mondo e la quarta posizione per la dimensione delle riserve.

In realtà, ci sono diversi dubbi che l’accordo di novembre  venga del tutto rispettato, in quanto molti Paesi hanno le proprie finanze in dissesto e sono costretti a produrre a pieno regime, approfittando di ogni rialzo dei prezzi.

 

SINTESI

L’accordo di novembre durerà fino a luglio 2017 e potrà essere rinnovato per altri sei mesi, modificato o definitivamente cancellato.

In caso di rispetto integrale dell’accordo, la produzione mondiale dovrebbe risultare, dal 2017, in deficit di circa 0,38 milioni di barili al giorno rispetto alla domanda e di conseguenza spingere le quotazioni del greggio oltre i $57 dollari al barile.

Rimane sempre l’alea di un evento straordinario che possa influenzare negativamente l’attuale livello dei prezzi.

Uno di questi accadimenti potrebbe anche essere l’applicazione della “hard Brexit”, che potrebbe provocare uno shock della domanda, o l’implementazione di alcune delle politiche elettorali di Trump, od altri focolai di crisi in qualche Paese emergente: tutti shocks che potrebbero in misura diversa, riaccendere l’offerta e deprimere la domanda, penalizzando di nuovo le quotazioni.

 

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