Thursday 25th April 2024,
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ACCORDO OPEC – IL RIMBALZO DEL PETROLIO POTREBBE AVERE VITA BREVE

L’OPEC sembra sia riuscito a far di nuovo decollare le quotazioni del greggio grazie ad un accordo preliminare tra i Paesi membri sul congelamento/taglio della produzione giornaliera dell’oro nero, il primo negli ultimi otto anni.

Il prezzo è salito del dieci per cento nelle ultime tre sedute, accendendo di nuovo l’entusiasmo in un settore che soffre da oltre due anni il forte ribasso delle quotazioni. Tuttavia, l’aumento potrebbe risultare effimero o di breve durata.

Innanzitutto, la bozza di accordo dovrà resistere fino al 30 novembre, data di ratifica, e molte cose potrebbero cambiare nei due mesi che la separano da quella scadenza, considerando la litigiosità elevata tra i membri del cartello stesso.

In aggiunta, fino ad ora nessuna conferma sulla ratifica dell’accordo è venuta dai Paesi non-OPEC tra i quali ci sono quattro tra i più grandi produttori mondiali di greggio: Stati Uniti, Canada, Russia e Cina. L’Arabia Saudita che è una delle fondatrici dell’OPEC si piazza, invece, al secondo posto della lista mondiale.

 

PREVISIONI

Il taglio a 32,5 milioni di barili al giorno ha una rilevanza più psicologica che pratica, in quanto il nuovo livello obiettivo rappresenta già uno dei livelli massimi di produzione mai raggiunti, come evidenziato anche nel grafico.

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In aggiunta, difficilmente l’offerta mondiale di oro nero è destinata a decrescere nei prossimi mesi per diversi motivi.

In primis, le aziende statunitense impegnate nell’estrazione dello “shale oil” non potranno calare la produzione in quanto altamente indebitate, anzi approfitteranno del rialzo delle quotazioni per pompare maggiore petrolio e tentare di rimborsare gli elevati debiti che affliggono il sistema. Oltre cento aziende estrattive americane sono già fallite dall’inizio del calo del greggio dall’estate del 2014 e si stima che il settore si trovi solo a metà della completa carneficina. Non c’è infatti alcun prezzo obiettivo che possa salvare la stragrande maggioranza di queste società che hanno utilizzato così massicciamente la leva finanziaria.

Questo è uno dei principali motivi per il quale si parla più di un congelamento che di un vero e proprio taglio della produzione.

 

Cosa dobbiamo aspettarci

Anche all’interno dell’OPEC le posizioni non sono del tutto condivise. Paesi come Libia, Nigeria ed Iran non diminuiranno la produzione, in quanto necessitano di massimizzare le loro entrate sia per ragioni politiche che fiscali. Il Paese più disponibile ad un maggior sacrificio sembra proprio l’Arabia Saudita, costretta ad un ragionevole compromesso dal boomerang della crisi economica interna, da lei stessa indotta facendo calare drasticamente il prezzo del greggio.

Inoltre, la storia del cartello dimostra che gli accordi sulle quote produttive raramente vengono rispettati.

Al di fuori dell’OPEC, la Russia è sembrata, almeno inizialmente, più conciliante mentre la Cina potrebbe contribuire in modo significativo producendo solo quello che verrà consumato o stoccato e riducendo significativamente la quota di export.

 

COMMENTO

Il settore dell’energia continuerà a rimanere molto volatile, in virtù delle consistenti oscillazioni della materia prima. Il primo test sarà la barriera psicologica dei 50 dollari al barile per la quotazione del greggio americano, un livello di prezzo che non risolverà i problemi del settore ma potrebbe far entrare nuovi investitori almeno in un’ottica speculativa di breve periodo.

L’analisi fondamentale rimane, al contrario, più attendista e tende a considerare questo rimbalzo come effimero, in scia ad una domanda in crescita decrescente e ad un’offerta che è ancora eccessiva.

Il primo accordo in otto anni per stabilizzare per lo meno la produzione giornaliera di greggio è un buon viatico, ma potrebbe non bastare a sostenere a lungo le quotazioni.

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