Friday 29th March 2024,
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CALO DEMOGRAFICO: l’EUROPA DIVENTERA’ IL NUOVO GIAPPONE ?

Europa e Giappone, un continente e la terza potenza economica mondiale, che cosa hanno in comune. Sicuramente debiti sovrani giganteschi che continuano a dilatarsi ma anche una crisi demografica silenziosa ed inarrestabile che genererà altri costi per le già disastrate finanze pubbliche di entrambi i blocchi economici.

Il Giappone è infatti il paese con la più alta longevità al mondo ma con un tasso di crescita inferiore a zero vale a dire con il numero delle persone decedute che supera i nuovi nati già da diversi anni. Il fenomeno si è accentuato con la crisi economica che attanaglia il Paese da oltre un ventennio. Il numero dei pannolini acquistati dagli anziani ha superato nel 2012 quello dei nuovi nati! In aggiunta il Paese rifiuta l’accesso agli immigrati selezionando solo una minima parte di manodopera specializzata limitata agli stranieri che lavorano nelle multinazionali e nel sistema finanziario.

L’invecchiamento della popolazione con un tasso di crescita negativo della stessa provocheranno una lievitazione della spesa pensionistica e sanitaria già sotto pressione. L’immigrazione potrebbe in parte attenuare questo fenomeno ma è un problema politico e sociale non facile da gestire per alcuni Paesi, Italia in primis, che sono geograficamente esposti ad un fenomeno di massa non controllabile.

Anche l’Europa sta iniziando a sperimentare una simile crisi, una sorta di “bolla demografica” tanto per usare un termine economicamente molto inflazionato con alcune differenze sostanziali tra i diversi Paesi dell’Unione di seguito evidenziate.

La forte ondata migratoria dai paesi Europei agli inizi del secolo scorso fu caratterizzata da un boom demografico. Chi partiva lasciava il posto ai nuovi nati per trovare un posto di lavoro migliore in altre società. Oggi, dopo la grande Recessione del 2008-2013 che ha portato ad una crisi occupazionale senza precedenti in Europa con oltre 20mln di senza lavoro nei 27  Paesi della UE, l’emigrazione è ripresa numerosa in alcune nazioni, bilanciata solo in parte dalla immigrazione (spesso clandestina) provocando un silente spopolamento di alcuni Stati.

Spesso le crisi economiche arrivano da lontano nel senso che possono aver un processo di incubazione lungo prima di esplodere e anche la politica demografica di un Paese è un segnale spesso sottovalutato.

Partiamo infatti dal Portogallo che già dal 2002 ha visto la fuoriuscita di cittadini verso l’estero compensata però da un pari afflusso di immigrati. Scoppiata la crisi,  dal 2008 il flusso di immigrazione è crollato per la mancanza di lavoro nella madrepatria. I portoghesi hanno cercato occupazione non solo in Germania ma soprattutto nelle loro ex-colonie (Angola, Mozambico e Brasile) di madre lingua portoghese. Dal 2002 ad oggi sono emigrate oltre 700.000, il tasso di disoccupazione è salito al 14,7%, il terzo più elevato nell’area euro dopo Grecia e Spagna, ma sarebbe oltre il 17% senza l’emigrazione dei portoghesi verso l’estero.

La Spagna ha avuto un boom di immigrati fino al 2007 quando la bolla immobiliare è deflagrata con conseguenze nefaste. Nel 1990 c’era un immigrato ogni cinquanta abitanti, oggi uno ogni sette ma alcuni stanno già tornando ai loro Paesi di origine per la mancanza di lavoro.

Grecia e Irlanda hanno invece compensato, durante la crisi, il deflusso verso l’esterno con un tasso di crescita (nascite/decessi) ancora positivo. Germania ed Italia invece, accomunate da un bassissimo tasso di fertilità, mantengono la popolazione solo grazie all’immigrazione.

SINTESI: In questo contesto depresso anche le politiche di austerità deliberate dei governi europei (ben 22 hanno modificato nel continente europeo quasi unilateralmente il sistema pensionistico dal 2009 ad oggi) di allungare la vita lavorativa delle persone sono un’arma a doppio taglio. La sostenibilità del sistema pensionistico ne beneficia nel breve periodo a scapito però di vedere partire i nostri figli e nipoti verso altri Paesi alla ricerca di un posto di lavoro. Non solo, i nostro emigranti non verseranno nei loro Paesi di origine nuovi contributi essenziali per erogare le pensioni di chi rimane e delle successive generazioni. Forse avrebbe più senso non allungare in modo indiscriminato l’età pensionabile, abbassare il livello delle pensioni correggendo gli eccessi (Italia docet) per offrire più opportunità ai giovani ed evitare che emigrino.

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