Saturday 20th April 2024,
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GRECIA – LA PARODIA DEGLI ERRORI

Dopo il voto quasi plebiscitario del Parlamento greco il 15 luglio, che ha sancito la perdita di sovranità del Paese a favore dell’Europa ed in particolare della Germania e del suo ministro delle finanze, vale la pena di voltarsi indietro ed analizzare la serie di errate valutazioni fatte da tutti gli attori, greci e stranieri, nella gestione della crisi negli ultimi sei anni.

Percorriamo  la strada a ritroso partendo dal finale tragico delle ultime ore. Nella notte tra domenica e lunedì, l’Europa, assai divisa al suo interno tra falchi favorevoli ad una Grexit e colombe disposte ad ogni sacrificio pur di mantenere Atene nell’euro, ha ottenuto la capitolazione del primo ministro greco Tsipras, costretto ad accettare un piano di austerità molto più duro di quanto rifiutato nei cinque mesi antecedenti di negoziazione, ma soprattutto prima di indire un referendum popolare sulle manovre di austerità.

Il pacchetto del terzo piano di salvataggio approvato ieri notte dal parlamento supera gli 85 miliardi di euro, ben al di sopra dei 30-40 stimati ad inizio anno.

La lunga negoziazione di Tsipras e del suo nuovo governo nel tentativo di ristrutturare il debito e finire l’era di austerità è finita miseramente con un voltafaccia clamoroso dello stesso primo ministro, che ha dovuto sottostare ad imposizioni umilianti per evitare l’uscita del Paese dall’euro.

La speranza del governo greco di ottenere un consenso vasto nel referendum contro l’austerità si è invece rivelata un boomerang. L’esito del voto è stato infatti schiacciante ed imprevisto, con oltre il 61% dei consensi, ma il mandato ricevuto dal popolo non era quello di uscire dall’euro.

Il voltafaccia del governo greco non è comunque l’ultimo ed il più grave degli errori registrati nel corso della crisi ellenica dal 2010 in avanti, anche se sarà molto oneroso e non solo per i greci ma per i cittadini europei, che dovranno finanziare l’ennesimo salvataggio.

L’Europa è inoltre forse più lacerata di quanto abbia dimostrato la classe politica greca, ormai rassegnata a vassallo gestito da Berlino. Ancora oggi, dopo il benestare incondizionato greco alle nuove politiche di austerità, l’intransigente ministro delle finanze tedesco si dichiara favorevole ad una uscita ellenica dall’euro, perlomeno temporanea. Infine, anche il Fondo Monetario Internazionale, non solo è reticente a versare nuovi aiuti ad Atene per $16 miliardi, ma pretende un taglio del debito attuale, che non è sostenibile e più che mai in futuro a causa delle nuove manovre di austerità adottate. Difficile, infatti, per Washington giustificare ai Paesi emergenti ed in via di sviluppo l’eccessivo coinvolgimento del Fondo alla Grecia, giunto già a $22 miliardi.

Malgrado il mutamento inaspettato di Tsipras, passato da eversore a pragmatico nel giro di un weekend, rimangono pochi i Paesi che dichiarano, almeno ufficialmente, di fidarsi ancora dei politici greci e delle loro volontà di riforme. Lo stesso primo ministro ha dichiarato inoltre che non condivide il piano impostogli, ma che non aveva altra scelta, lasciando tuttavia diverse perplessità ai suoi finanziatori sulla possibilità di implementarlo nei prossimi mesi.

Ora si apre anche una nuova fase politica molto incerta per la Grecia. Innanzitutto, tre quarti dell’emiciclo è favorevole alla nuova austerità pur di mantenere l’euro, ma un terzo del partito di maggioranza si è sfilato ed ha votato contro la manovra. Si andrà presumibilmente verso un governo di coalizione con le forze di opposizione che traghetti il Paese verso altre nuove elezioni in autunno.

Tutto semplice ed ovvio, ma solo sula carta. Non è chiaro, infatti, chi si assumerà la responsabilità di gestire una complicata transizione con un piano imposto, il controllo dei capitali ancora in essere e le banche chiuse già da 13 giorni,  con poche possibilità di riapertura in tempi rapidi.

I depositi sono fuggiti al ritmo di 20 miliardi di euro da inizio gennaio, vale a dire dall’incoronazione del nuovo governo. La mancanza di fiducia verso le istituzioni politiche ed economiche del Paese rende difficile la riapertura del sistema finanziario, necessario per il ritorno alla normalità del Paese ed alla ripresa del ciclo economico, completamente strozzato dalle restrizioni di liquidità.

news 13 - 19 luglio 2015 - GREECIA DEPOSITI.png

A Cipro, il controllo dei capitali è stato appena cancellato totalmente dopo due anni, mentre in Islanda il provvedimento è ancora in atto dal 2008. Pertanto è difficile pensare che possa essere revocato in tempi brevi. L’atteggiamento delle Istituzioni europee è infatti ancora molto prudente. Saranno erogati 7 miliardi di euro, ma  verranno utilizzati solo per pagare le scadenze arretrate già accumulate con l’FMI, la prossima con la BCE di 3,5 mld del 20 luglio e quelle di fine mese.

Draghi ha infine elevato l’assistenza di liquidità alle banche greche solo di 900 milioni a 90 miliardi complessivi, rispetto alla previsione/necessità di almeno 95.

Le banche rimangono il maggior incubo di Atene e dell’Europa in generale. Le sofferenze elleniche stanno aumentando in misura esponenziale ed hanno raggiunto i 100 miliardi di euro, la metà di quelle italiane. Da maggio i ritardi oltre i 90 giorni nell’onorare i debiti (mutui/finanziamenti) sono cresciuti dal 20 al 50%. La mancanza di denaro e di liquidità alimentano questo circolo vizioso, che diventa una scusa per non pagare del tutto.

news 13 - 19 luglio 2015 - GREECE NPL

L’economia si sta adattando per evitare un collasso totale ed in molti settori si è tornati al baratto per trovare la merce disponibile a mantenere in vita le rispettive aziende. Tuttavia, la prolungata chiusura del sistema finanziario rischia di accelerare la disfatta economica e necessiterà di altri denari da parte degli sfiniti e sfiduciati creditori europei, mentre la popolazione che già lancia molotov contro il Parlamento, sarà sempre più esasperata.

La Grecia, al pari del Portogallo, ha ancora costi troppo elevati, a causa dell’euro, nella misura del 30-40%. La svalutazione interna competitiva non è stata sufficiente ed ha ridotto il Paese alla fame, dimezzando stipendi e pensioni. La ricetta si è rivelata sbagliata, ma si è deciso di persistere nell’errore per la paura dell’ignoto: l’uscita dall’euro.

Credo che ormai sia evidente che è meglio togliersi un dente ed il dolore che continuare a soffrire indefinitamente. Il terzo piano di salvataggio non risolve, infatti, i problemi della Grecia, ma anzi li aggrava.

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