Friday 29th March 2024,
Pinguinoeconomico

L’AMERICA POST COVID tra RECORD di WALL STREET e RECESSIONE

Il 2020 sarà certamente ricordato come uno dei più tumultuosi per la storia e l’economia a stelle e strisce.

Oltre all’elezione un po’ contestata di un nuovo presidente americano, che impedisce la riconferma del capo di stato uscente per la prima volta nelle ultime tre occasioni (Clinton, Bush e Obama hanno tutti esercitato un doppio mandato), la prima economia mondiale ha subito un crollo dei marcati finanziari, una pandemia globale, la chiusura di molte attività economiche per due lockdown in dieci mesi, il 20% di disoccupazione, tensioni razziali, disordini pubblici, bancarotte di catene di distribuzione ma terminando con un nuovo colossale bull market azionario, che macina di nuovo record storici con cadenza quotidiana.

 

FINANZA ED ECONOMIA REALE: DUE MONDI PARALLELI

Mentre Wall Street corre senza limiti, trascinata dalla liquidità immessa sul mercato dalla Banca Centrale, l’economia di strada sta sperimentando la più profonda recessione in tempi di pace, ben peggiore della crisi finanziaria del 2008 e per alcuni aspetti anche della Grande Depressione del 1929, attenuata solo dall’enorme stimolo monetario e fiscale che complessivamente, negli Stati Uniti, ha superato i cinque trilioni di dollari.

L’euforia per l’arrivo dei vaccini e per il ritorno dell’economia domestica ad una rapida normalità nasconde lo scenario attuale, che sconta invece una debole ripresa ad inizio 2021 e di entità ancora incerta anche per il proseguimento delle attuali restrizioni.

Quello che preoccupa non è, tuttavia, un nuovo calo del Pil, peraltro già preventivato, ma l’impatto negativo sulle singole attività economiche, sia industriali che commerciali, che il secondo lockdown ha ulteriormente messo a nudo.

L’evoluzione del virus negli Stati Uniti è stata sicuramente molto devastante, ma ha comunque trovato forza in un substrato economico già debole e sostenuto solo da un decennio di politica monetaria ultra espansivo, che ha gonfiato gli assets finanziari con molte distorsioni sul mercato del credito.

Molte piccole aziende sono infatti diventate meno competitive e sono rimaste in vita solo grazie ai tassi di interesse bassi, ma con rilevanti aumenti dei debiti.

 

L’IMPATTO DEL VIRUS

La rapida diffusione del COVID negli Stati Uniti ha messo a nudo molte delle fragilità dell’economia statunitense.

Si tratta di un’economia che è oramai sostenuta da troppi anni in modo eccessivo e forzato dalla leva finanziaria (debito) ed impostata troppo sui consumi privati, anch’essi foraggiati da un eccesso di debiti.

La situazione è venuta alla luce in tutti i suoi aspetti più negativi con la chiusura delle attività commerciali per contrastare la pandemia, ma ha evidenziato la mancanza di risparmi nella gran parte delle classi meno abbienti, che hanno dovuto essere sostenute da un massiccio intervento governativo, mai così diretto ed immediato.

 

I PROSSIMI MESI

Le conseguenze negative dell’impatto del virus sono molto simili in quasi tutte le economie occidentali, ma negli Stati Uniti sono sicuramente le più estreme.

In primis per il numero di morti che, almeno in valore assoluto, sono i più elevati a livello mondiale.

In seconda battuta per l’impatto su un’economia già molto indebitata e che necessita di una ripartenza veloce per evitare che molte situazioni di difficoltà temporanea diventino successivamente strutturali e di conseguenza più problematiche.

Entro fine anno sarà sicuramente raggiunto un accordo bipartisan per l’approvazione di un nuovo pacchetto di stimoli a sostegno di privati ed aziende per 910 miliardi di dollari. L’incentivo rappresenta, tuttavia, meno della metà del pacchetto messo in pista durante il primo lockdown ed in parte prorogato fino a fine anno.

Da inizio del nuovo anno molte aziende metteranno inoltre in atto un piano di ristrutturazione, in alcuni casi già annunciato, con l’attuazione di diverse migliaia di licenziamenti.

Sul fronte privato preoccupa invece il rischio di sensibili incrementi di espropriazioni immobiliari nei confronti di proprietari che, non ricevendo l’affitto, in parte o integralmente, da inquilini morosi non riusciranno a pagare le rate di mutuo sospese fino a fine anno.

 

LE POSSIBILI SORPRESE: DEBITO E INFLAZIONE

Visto che nulla sembra fermare la marcia trionfale dei mercati azionari americani, malgrado una super valutazione che sfiora ormai quella parabolica della bolla high tech del 2000, vediamo quali potrebbero essere gli iceberg che potrebbero affondare il Titanic nella sua corsa inarrestabile verso continui nuovi record.

Innanzitutto il debito americano si è impennato vertiginosamente in pochi mesi salendo dai 23 ai 28 trilioni di dollari. Idem per il deficit che ha superato i tre trilioni rispetto alla media già elevata  intorno a uno degli anni precedenti.

L’aumento esponenziale del debito ha indebolito il dollaro che è precipitato a 1,215 nei confronti della moneta unica, minimo da inizio 2018.

In secondo luogo, il denaro elargito per la prima volta direttamente ai cittadini (helicopter money) sta già generando un incremento dei prezzi, seppur con un’economia ancora in parte segregata.

Molti economisti temono che questa volta, la creazione di denaro non si trasferirà solo sugli assets finanziari ma anche verso l’economia reale con una crescita dell’inflazione che in parte è già evidente.

Il mercato obbligazionario sembra già prevedere questo scenario e si assiste ad un lieve, ma costante, aumento dei tassi di interesse già da alcune settimane, fenomeno che non va sottovalutato.

In questo contesto le due principali Banche Centrali, la Federal Reserve e la Banca Centrale Europea, continueranno il loro programma espansivo per i prossimi mesi, cercando di riattivare velocemente il ciclo economico.

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