Monday 04th November 2024,
Pinguinoeconomico

DALLA CRESCITA ALLA DECRESCITA – UNA REALTA’ GIA’ EVIDENTE.

Si può crescere sempre e all’infinito? Questo è l’errore di fondo che non vogliamo riconoscere. Le economie sono condannate a crescere anno dopo anno. Consumi, investimenti, margini, prezzi, profitti, mercati finanziari devono incessantemente salire. Fermarsi è impossibile, ma molti mercati sono ormai maturi, già da inizio millennio, e si cerca costantemente nuovi sbocchi nei Paesi cosiddetti emergenti.

In pochi decenni si sono creati dal nulla centinaia di milioni di nuovi benestanti in Brasile, Cina, India, sudest asiatico ed ora anche in Africa. Ma la ricchezza non si crea in pochi anni senza solide basi. Solo l’accesso al credito illimitato ha portato questa illusione di benessere in molte parti del mondo. In precedenza, il boom economico era partito negli ultimi due decenni dello scorso millennio negli Stati Uniti, sempre in seguito all’allargamento dei criteri per l’erogazione del credito. In questo modo si è aperta ad una ampia fetta della popolazione, la possibilità di acquistare beni durevoli, prima destinati solo ad una ristretta élite.

La crisi finanziaria, ed il successivo “credit crunch”, in molte parti del mondo, ha riportato molti consumatori alla dura realtà: i debiti vanno ripagati anche con tassi di interesse molto contenuti, mentre l’eccesso di leva finanziaria determina nel lungo periodo un effetto recessivo sui consumi, in quanto deprime il risparmio privato.

Non solo la finanza ha accelerato la crescita continua e disordinata, nell’ultimo mezzo secolo, ma anche le evoluzioni sociali e tecnologiche che paiono però arrivate attualmente ad un punto morto, incapaci di dare quello stimolo ulteriore, necessario alle economie per poter continuare a crescere. Mi riferisco al processo di urbanizzazione con lo spostamento della forza lavoro dall’agricoltura all’industria, prima localizzata poi globalizzata, con l’utilizzo di nuove forme di energia (dal carbone, al petrolio, dal gas alle fonti di energia rinnovabili). Poi il passaggio dall’industria ai servizi, con l’innovazione tecnologica e la società dei consumi sfrenati, sostenuta all’inizio da un vero miglioramento di ricchezza (redditi), ma successivamente solo dall’introduzione della finanza (dal contante al credito), fino ad arrivare alla leva finanziaria per sostenere il sostenibile fino all’insostenibile.

Ora molti di questi trends (andamenti) lineari boccheggiano o hanno un effetto boomerang su molte economie esauste.  La speculazione ha fatto esplodere i prezzi delle materie prime, malgrado il calo dei consumi in molti Paesi industrializzati.

Da inizio millennio è proseguita la delocalizzazione selvaggia verso i Paesi emergenti. Ciò ha comportato la distruzione di milioni di posti di lavoro a favore di manodopera molto più economica nei Paesi in via di sviluppo. Con la grande recessione, il problema è diventato sempre più macroscopico ed i pochi posti di lavoro recuperati sono quasi esclusivamente a favore di impieghi non specializzati ed a basso reddito. Per mantenere invariati lo standard di vita precedente, i privati hanno fatto massiccio ricorso al credito, attratti dal basso costo del denaro, ai minimi degli ultimi 30 anni, grazie alle politiche distorsive della banche centrali.

La tecnologia ha tuttavia distrutto innumerevoli posti di lavoro in diversi settori, dai trasporti alle telecomunicazioni: auto, autostrade, aerei, radio telefonia ed infine internet.

Nel settore aereo, ad esempio, c’è stata una grossa innovazione con l’introduzione del primo jet, il Boeing 727, nel 1964 ed il successivo jumbo-jet 747 nel 1969. Tuttavia, da allora ben poco è cambiato e la durata dei voli è rimasta invariata negli ultimi 45 anni. Ci sono stati invece miglioramenti nell’efficienza e nella sicurezza, ma poco visibili ai passeggeri.

Anche nel settore auto, le automobili sono più confortevoli, meglio equipaggiate e più affidabili, ma non possono volare.

Nei computer invece, una volta raggiunti certi livelli di efficienza, i miglioramenti sono stati marginali: forse i frutti della presente tecnologia sono già stati raccolti, anche nella telefonia mobile ed in Internet.

Senza nuove rivoluzioni industriali, non ci sarà quindi più crescita? I costi dei nostri stili di vita continuano a crescere a causa anche della finanziarizzazione della società. La gran parte dei nostri consumi è stata infatti finanziata con il debito, anticipando i futuri redditi.

La possibilità di un nuovo periodo di decrescita non è dunque così irreale ed utopistica, ma già reale in molti Paesi europei ed in gran parte degli Stati Uniti, già fortemente indebitati. Non bisogna farsi molte illusioni sulla crescita futura. La mancanza di lavoro è un problema strutturale, che la tecnologia e la delocalizzazione continueranno purtroppo ad alimentare. Molte fette di popolazione si sono già abituate a consumare meno ed a vivere con meno spesa e questo deprime ulteriormente il ciclo produttivo. La contemporaneità di elevati consumi, alti costi e continuo debito è un modello ormai insostenibile. Con i costi delle materie prime che salgono, le imprese continueranno a ridurre il personale per mantenere lo stesso livello di profitti.

Purtroppo non penso possa esserci un Piano B. Non possiamo infatti immaginare o tollerare un mondo con minori consumi. Pertanto dopo trent’anni di tassi in ribasso, le banche centrali hanno creato uno stimolo alternativo alle economie, stampando oltre $10 trilioni, solo nell’ultimo triennio. La lentezza della ripresa economica testimonia la malattia cronica di molti Paesi ed il fallimento di queste politiche non convenzionali che hanno solo spostato in avanti il problema, creando nuove e pericolose bolle speculative.

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