Friday 29th March 2024,
Pinguinoeconomico

DEBITI PUBBLICI MONDIALI – UN PROBLEMA IRRISOLTO

Ci siamo completamente dimenticati del problema dei debiti pubblici mondiali o pensiamo invece di averlo già risolto ? La crisi del debito sovrano europeo dell’estate 2011 sembra già alle spalle, tanto che i rendimenti sui titoli governativi sono ritornati ai livelli pre crisi e gli indici azionari sono ai massimi storici (UK  e Germania) o degli ultimi 5 anni e mezzo.

Come abbiamo già visto, i debiti pubblici hanno continuato a crescere esponenzialmente nell’ultimo triennio ed in alcuni casi sono addirittura raddoppiati, come in Spagna. I deficit di alcuni Paesi, quali Francia e Spagna, sono sempre ancora fuori controllo e continuano a sforare periodicamente gli obiettivi fissati dall’Unione Europea. In sintonia con la recente batosta elettorale, il Governo transalpino ha dichiarato che nel 2013 il deficit raggiungerà il 4,3% del Pil, rispetto al 3,7% previsto ed al 3% del parametro europeo. In Spagna la situazione è ancora più negativa, con il deficit al 6,64% che raggiunge il 7,05% se inseriamo, come corretto, l’aiuto alle banche. L’Italia fatica a rimanere dentro il parametro del 3%, ma è uno dei pochi Paesi a raggiungere questo obiettivo. Tuttavia, nel solo mese di gennaio, il nostro debito pubblico è aumentato di 20 miliardi, raggiungendo l’astronomica cifra di 2.089 miliardi di euro. Stesso incremento anche per quello spagnolo, mentre in Grecia si festeggia il prossimo ritorno del Paese alle emissioni sui mercati internazionali, che però verrà utilizzato per coprire il fabbisogno del 2014: quindi ancora nuovo debito, invece di ulteriori tagli.

Per quale il motivo il problema del debito pubblico è attualmente ignorato ? Il debito del Giappone al 240% del Pil, che non è ancora andato in bancarotta, lascia tranquilli anche gli altri principali debitori, oppure ormai si è rassegnati che il debito non sarà mai rimborsabile. Quindi avanti con la stessa musica: ogni mese, ogni anno si crea nuovo debito, tanto non fa male.

Il debito non è infatti del tutto dannoso quando è utilizzato per investimenti produttivi. In questo caso però gran parte dei fabbisogni pubblici statali mondiali sono generati da spesa pubblica improduttiva, che non si vuole tagliare, e dalla spesa per interessi, che continua spaventosamente a crescere, pur in presenza di tassi di interessi mantenuti artificialmente bassi dalle rispettive banche centrali.

In queste condizioni, un funzionario di banca non approverebbe un prestito nei confronti di un cliente che guadagna €1.000 e ne spende €1.300 e che inoltre dichiara di avere debiti arretrati per €15.000. E’ evidente che la possibilità di recuperare i soldi prestati sia pari, in queste condizioni, a zero.

Non molto diverso è il comportamento delle finanze pubbliche di tutti gli Stati mondiali. Prendiamo l’esempio degli Stati Uniti: la prima economia al mondo per prodotto interno lordo generato.

Il Dipartimento del Tesoro ha dichiarato che il budget di Febbraio è stato di $194 miliardi di deficit, con entrate per $144 miliardi ed uscite per $338 miliardi; il Governo ha speso il 134% in più di quello che ha incassato.

Nei primi cinque mesi dell’anno fiscale 2014 (che inizia ad ottobre 2013), il deficit cumulato è di $380 miliardi, grazie a ricavi per $1,10 trilioni e spese per $1,48 trilioni. Sin dall’inizio del corrente esercizio fiscale, il Governo ha speso il 34% oltre quanto incassato.

Sottolineo ancora che il debito pubblico americano è il primo al mondo ed ha recentemente superato i 17,5 trilioni di dollari. Dal 2008 è quasi raddoppiato, rispetto ai $9 trilioni iniziali. Come già indicato in precedenza, all’aumentare del debito sale anche la spesa per interessi. Inoltre, almeno negli Stati Uniti, i tassi di interesse sono saliti dal maggio 2013 dal 1,6% al 2,7%, ma sono ancora lontani dai tassi medi registrati negli ultimi 40 anni.

Solo in questo esercizio fiscale il Governo statunitense ha già pagato $166 miliardi di interessi sul debito e la cifra a fine anno raggiungerà i $420 miliardi. Aggiungendo debito a debito, questa spesa continuerà a crescere, tanto più che gli interessi sono destinati a salire nei prossimi anni. Tornando all’esempio del debitore privato, quest’ultimo cerca almeno di ridurre la spesa per interessi cercando di contenere le uscite. Il Governo americano, come tutti quelli che hanno elevato debito pubblico, copre la spesa per interessi con l’emissione di altro debito, cosa che – abbiamo visto – un prenditore privato non può fare perché non ha GIUSTAMENTE accesso a nuovo credito in mancanza dei requisiti base.

Nell’esercizio fiscale 2013 il Governo USA ha registrato un deficit di $680 miliardi. I politici sono stati molto veloce ad affermare che si tratta di un grande successo, dopo oltre un quinquennio di deficit oltre il trilione di dollari. Provano grande soddisfazione, ma non si rendono conto o fanno finta di ignorare che il debito, di questo passo, raggiungerà i $20 trilioni prima della fine del 2016. Forse ci si culla sul rapporto debito/Pil al 105%, più contenuto rispetto ad Italia, Irlanda, Portogallo, Grecia e Giappone e sul fatto che questi Paesi, sebbene la gran parte di questi siano stati aiutati con grossi ulteriori prestiti, non siano ancora falliti.

Il problema del debito pubblico è dunque irrisolto e stupidamente ignorato da quasi tutti i Paesi. Con la deflazione incombente già calata in diversi Paesi europei, questo macigno diventerà un freno alla ripresa economica, anzi lo è già, a giudicare dalla modesta crescita di USA, Giappone ed Europa.

Qualcuno però ha capito che la situazione non è sostenibile. In Europa, dice il finanziare americano di origini ungheresi Soros, senza ristrutturazione dei debiti sovrani siamo condannati a 25 anni di stagnazione economica, modello giapponese, nello scenario più positivo.

In Portogallo è nato ad inizio marzo un movimento trasversale che chiede la ristrutturazione del debito del paese lusitano. Un piccolo “haircut”, più l’allungamento del debito ed il taglio delle cedole sui titoli. La proposta non viene dal solito partito politico nazionalista od anti-euro, ma da un movimento trasversale di economisti, politici, accademici e gente comune con buon senso e spirito critico. Con la sorpresa di tutti il movimento ha raggiunto le 25.000 firme in un mese e ne aggiunge un migliaio al giorno, mettendo in difficoltà il Governo portoghese.

La gestione dei debiti pubblici è ancora tutta da risolvere e ritornerà presto alla ribalta. Ricordiamoci anche che in Europa abbiamo messo la testa sotto la sabbia, obbligando le banche del continente ad acquisti massici dei titoli governativi con i soldi della BCE, garantiti da collaterali delle banche di valore molto dubbio. Lo spread basso è uno specchietto per le allodole e non ci deve far dimenticare che siamo seduti su una montagna di terra destinata presto di nuovo a franare.

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