Monday 04th November 2024,
Pinguinoeconomico

MUTUI – IL TASSO DI DEFAULT DEI PAESI PERIFERICI SI IMPENNA

Ritorna la fiducia sui Paesi periferici europei. Gli spreads sui titoli governativi si riducono ai livelli precedenti la crisi dei debiti sovrani, mentre i rendimenti dei titoli emessi aggiornano nuovi minimi record. Anche i mercati azionari sono effervescenti, con Lisbona che guida la volata da inizio anno, con un +15%, seguita da Milano con il +9%. Sicuramente è un elemento positivo, anche se sappiamo che il miglioramento è più speculativo, che dovuto ai fondamentali economici di questi Paesi. La liquidità arriva soprattutto dai mercati asiatici, ed in particolare dal Giappone, con investitori alla ricerca di investimenti a rendimento più elevato di quelli nipponici. Il decennale spagnolo ed italiano, anche con un rendimento al 3,4%, minimo dal 2005, sono più interessanti rispetto al loro omologo giapponese allo 0,7%. Lo spostamento di risorse (carry trade) prosegue, indipendentemente dai fondamentali economici dei Paesi mediterranei, i quali oltretutto non sembrano migliorare. Ci si compiace di una certa stabilità finanziaria, la quale sembra evitare la possibilità di qualche insolvenza, almeno nel breve periodo.

Uno dei principali talloni di Achille del sistema economico finanziario sono ancora le banche, appesantite da miliardi di sofferenze che continuano ad aumentare. E’ un denominatore comune per Spagna, Portogallo, Grecia ed Italia, ma anche quelle dell’Europa  centrale e settentrionale hanno grossi problemi.

I numeri complessivi sono impressionanti, e rimanendo solo a quelli ufficiali. Le sofferenze spagnole sono arrivate a quasi 200 miliardi di euro, il 20% del Pil ed oltre il  13% dei prestiti erogati, mentre quelle italiane hanno superato a fine dicembre i 160 miliardi, pari al 9% del Pil. Dati che confermano la difficoltà del settore e l’incapacità di uscire da una crisi che si avvita, ormai per il sesto anno consecutivo. Le banche riducono il credito, sperando di diminuire i rischi e contribuiscono all’ulteriore contrazione dell’economia. Nuove aziende chiudono e non restituiscono i debiti verso il sistema finanziario; un circolo vizioso che ancora non si riesce a spezzare. In Spagna hanno creato la “bad bank”, mentre in Italia ci stanno ancora pensando, ma il nuovo credito continua a contrarsi per la debolezza dell’economia reale.

Dopo questa lunga premessa, parliamo delle sofferenze immobiliari, che rappresentano una quota del totale. Dal 2008 in avanti assistiamo all’esplosione parabolica della percentuale di sofferenze nelle tre nazioni mediterranee nell’occhio del ciclone: Portogallo, Italia e Spagna. Solo quest’ultima ha tuttavia subito una gigantesca bolla immobiliare con il settore edile che ha raggiunto il 19% del Pil, quasi quanto la percentuale cinese (20%). Nello specifico, le insolvenze sui mutui sono pari al 4% del totale nel Paese lusitano, al 5,5% in Spagna ed al 6% in Italia.

Il dato mostra come i problemi nel settore siano appena incominciati. Molte crediti incagliati non sono ancora stati trasferiti a sofferenze, in quanto i mutui vengono continuamente rinegoziati (anche più volte), ben sapendo che non saranno mai onorati. Questo accade in particolare in Spagna dove, dentro questo meccanismo perverso, si celano ancora numerosi scheletri.

Tuttavia, l’incremento delle sofferenze immobiliari non è un segnale esclusivamente negativo. Mentre da una parte evidenzia le continue e croniche difficoltà del sistema bancario, dall’altra esprime la volontà di iniziare una pulizia di bilancio definitiva, che possa ripristinare una futura attività di sostegno anche al settore edile che in Spagna ed in Italia è retrocesso ai livelli del 1970. Senza credito le case non si comprano, o almeno solo il 20% degli acquirenti hanno la possibilità di permetterselo, riducendo però in modo considerevole il numero di transazioni.

Il cammino è ancora lungo e ci saranno ancora anni di pulizia di bilanci, ma il settore immobiliare è sempre stato una colonna portante nelle economie moderne, con tassi di contribuzione al Pil tra il 6% ed il 12%, fino ad arrivare anche al 20%, creando tuttavia in molti casi bolle immobiliari planetarie (USA, Irlanda, Spagna, Cina, Londra, Canada e Australia), alcune delle quali già fragorosamente scoppiate.

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